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Nord Kivu: apre centro di trattamento per Ebola a Mangina

Un passo avanti contro l’epidemia di Ebola in corso in Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). Medici Senza Frontiere ha aperto un Centro di trattamento Ebola a Mangina, piccola città considerata l’epicentro dell’epidemia

Andrea Gangi – Città del Vaticano

Sempre maggiori i progressi contro la diffusione della febbre emorragica nel continente africano grazie anche al lavoro di Msf. Nel nuovo centro anti ebola di Mangina, oggi sono ricoverati 37 pazienti, quasi tutti contagiati; i restanti sono casi sospetti. I pazienti che si trovavano nell’unità di isolamento allestita dalla Ong per migliorare il livello di sicurezza biologica, sono stati trasferiti nelle dodici tende del nuovo Centro di trattamento, aperto martedì 14 agosto.

Un virus letale

L’ebola, detta anche febbre emorragica, lo ricordiamo, è trasmessa da una famiglia di cinque diversi virus capaci di scatenare una serie di effetti spesso gravissimi. Provoca febbre molto alta, dolori alla testa, alle articolazioni e ai muscoli, disturbi gastrointestinali, debolezza ed emorragie interne con conseguenze anche mortali. “La trasmissione – spiega a Vatican News la dott.ssa di Medici Senza Frontiere Roberta Petrucci, coordinatrice per la risposta all’Ebola nella Repubblica Democratica del Congo - avviene anche da uomo a uomo. Le persone più a rischio sono quelle che nella famiglia sono a contatto con i malati”. (Ascolta l'intervista a Roberta Petrucci sull'Ebola).


Nella Repubblica Democratica del Congo, dove il virus si manifesta più o meno di frequente dal 1978, quest’anno il morbo ha già ucciso 41 persone. “L’epidemia – continua la dott.ssa Petrucci – è oggi in una fase preoccupante; il numero dei casi è in costante aumento e fermare il corso della malattia è difficile, perché raggiungere la comunità è complicato e la situazione è precaria”.

Situazione aggravata dai conflitti

“La guerra – spiega la dott.ssa Petrucci – rende la situazione complessa. L’epidemia viene contenuta nel momento in cui noi possiamo andare nelle comunità dove le persone sono contaminate e cercare di interrompere la catena di trasmissione. Ma nella regione la sicurezza è precaria e gli spostamenti nella regione sono difficili, se non impossibili”. Il Nord Kivu, dove il 1° agosto è stata dichiarata l’epidemia, è una delle aree più instabili della regione. Il conflitto in corso e i pesanti interventi militari hanno provocato un alto numero di sfollati, peggiorando il problema del limitato accesso alle cure mediche.

Il piano di risposta

Medici senza frontiere sta elaborando un piano di azione per combattere l’epidemia. Sta anche fornendo supporto alle infrastrutture sanitarie locali, oltre a rinforzare i protocolli di prevenzione e controllo dell’infezione per garantire continuità di cure ai pazienti non affetti da Ebola. Secondo la dott.ssa Petrucci, “occorre che i casi vengano isolati. Inoltre la popolazione ha bisogno di capire ciò che sta succedendo, di essere rassicurata, informata e sensibilizzata su che cos’è la malattia e su come ci si può proteggere”. Anche il Ministero della Salute locale si sta impegnando contro la malattia. È in corso un programma di vaccinazione nell’area più colpita dall’epidemia, con il supporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

 

 

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20 agosto 2018, 14:52