Marche: dopo il sisma del 2016 torna la Leggenda delle Fate
Luisa Urbani – Città del Vaticano
Il terremoto gli ha portato via tutto, ma non la voglia di tenere vive le loro tradizioni. È questa la storia degli abitanti di Pretare, frazione di Arquata del Tronto rasa al suolo dal terremoto del 2016 nel centro Italia. La comunità di Pretare, tra mille difficoltà legate al sisma, ha deciso di riportare in scena lo spettacolo della Leggenda delle Fate.
Tra leggenda e realtà
Lo spettacolo, per Pretare e i suoi abitanti, rappresenta la tradizione e l’identità. Dal 1956, i pretaresi hanno messo in scena la storia che racconta l’origine del loro paese. “La Leggenda – racconta Giorgia De Andreis, ventenne originaria di Pretare - narra di un sortilegio voluto dalla Sibilla che, invidiosa della vita semplice e gioiosa, fece franare dal monte Vettore una valanga di terra e pietre che seppellì il paese causandone la totale distruzione. Con l’aiuto del coraggio del Guerrin Meschino e dell’amore tra le fate e i pastori, il paese rinacque e fu chiamato Pretare”. Una leggenda che in questo periodo sembra essere tragicamente reale, un sortilegio che il sisma del 2016 ha tramutato in triste realtà. Da quelle stesse macerie e dalla voglia di rinascere, la comunità di Pretare ha scelto di continuare a vivere ripartendo dalle proprie radici.
L’importanza della tradizione
La devastazione è ancora tragicamente visibile, ma riportare in vita le proprie tradizioni è il primo passo per donare la forza per ripartire. A tre anni di distanza dall’ultima edizione, si rinnova l’appuntamento con la Leggenda delle Fate. Questo spettacolo, che coinvolge i pretaresi sia nel cast che nell’allestimento tecnico, è per la comunità un segno di rinascita, un segno che Pretare è ancora viva grazie alle sue tradizioni. “Non potevamo – racconta Giorgia - far vincere il terremoto perché già ha vinto su tante cose come le nostre case e i nostri umori, ma non poteva vincere sulla nostra tradizione che doveva assolutamente andare avanti perché per noi vuol dire comunità, vuol dire stare tutti insieme e creare qualcosa di bello per questo paese”.
Una leggenda che unisce la comunità
“Sappiamo quali sono i problemi e le difficoltà – osserva Roberto Giovannozzi, presidente dell’ associazione Monte Vettore - ma questo spettacolo ha veramente un grande valore per noi e per chi verrà dopo di noi. Vuol dire non mollare, essere uniti e avere una identità comune. Ricostruire un luogo significa dargli un'anima. Tutto questo è servito per ricreare una comunità che attualmente è dispersa”. Dello stesso avviso è anche Tiziano Trenta, ragazzo di 30 anni che interpreta uno dei pastori. “ Questa tradizione unisce intere generazioni. Anche le persone più anziane che, dopo il sisma, difficilmente escono dai loro container, fanno un eccezione per vedere i propri nipoti recitare. È l’occasione per ritrovarsi un po’ tutti e stare insieme”.
Un messaggio di speranza
“È un occasione - prosegue Tiziano - per dare gioia, felicità e speranza alle persone. Il messaggio che abbiamo voluto dare è proprio quello di speranza. Un grido che vogliamo lanciare per dire a tutti che esistiamo nonostante tutto”.
La testimonianza di Lucia, regista dell’edizione 2018
Lucia Radicchi è l’unica non originaria di Pretare che ha preso parte allo spettacolo ed è riuscita a svolgere il ruolo più difficile: riportare in vita uno spettacolo dopo la tragedia del terremoto, collegare passato e presente senza spettacolarizzare il dolore. Nei mesi in cui ha lavorato con gli abitanti è rimasta molto colpita da loro. “ Le cose che mi hanno stupita maggiormente – racconta – sono la forza e la tenacia di queste persone. Hanno una forza straordinaria. Solo con lo sguardo ti fanno capire che vogliono combattere e andare avanti e questo è un grande insegnamento per tutti”.
Una storia che coinvolge tutti
“È un occasione che rafforza legami tra di noi, che coinvolge anche persone da fuori”, conclude Tiziano. La Leggenda, infatti, appassiona anche chi non è del posto, come Luciano e sua moglie che, da Bari, sono venuti appositamente per vedere lo spettacolo e per “dare un contributo - come spiega a Luciano - a queste terre ferito dal sisma”.
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