Aumentano nel mondo gli affamati ma anche gli obesi
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
Cresce la fame nel mondo. E’ la drammatica realtà che emerge dal rapporto su “Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione”, presentato oggi a Roma nella sede della Fao.Si stima che le persone affamate nel 2017 siano salite a 821 milioni – vale dire una su nove - 17 milioni in più rispetto al 2016, registrando un incremento negli ultimi tre anni che riporta i numeri della fame ai livelli di un decennio fa. “Questa inversione in atto – avverte il rapporto – manda un chiaro segnale che occorre fare di più e con urgenza, se si vuole raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile della ‘fame zero’- entro il 2030”.
200 milioni di bambini compromessi nella crescita
Massima parte, oltre mezzo miliardo, delle popolazioni sottonutrite e malnutrite vivono in Asia, più di 256 milioni si trovano in Africa e 40 milioni abitano in America Latina e ai Caraibi. Ci sono 151 milioni di bambini, sotto i 5 anni, che hanno subito arresti nella crescita ed altri 50 milioni sono sottopeso, mentre quasi il 33 per cento delle donne in età riproduttiva soffre di anemia, una patologia tre volte più diffusa in Africa ed Asia rispetto al Nord America.
La sottonutrizione coesiste con l’obesità
A fronte della mancanza di cibo le agenzie dell’Onu segnalano l’aumento dell’obesità, che colpisce 672 milioni di adulti, uno ogni otto, oltre a 38 milioni di bambini sotto i 5 anni che sono in sovrappeso. Il problema è diffuso soprattutto nell’America del Nord, ma anche in Africa e in Asia si registra una tendenza al rialzo. “Sottonutrizione ed obesità – spiega lo studio – coesistono in molti Paesi e possono riscontrarsi nelle stesse famiglie”, dove lo scarso accesso al cibo nutriente dovuto al suo più alto costo, lo stress di vivere in stato di insicurezza alimentare e gli adattamenti fisiologici alle privazioni sulla tavola possono indurre un più alto rischio di sovrappeso e obesità.
Sotto accusa i cambiamenti climatici
Il rapporto denuncia che non vi sono che progressi limitati nell’affrontare le molteplici forme di malnutrizione e che la situazione sta peggiorando in Sud America e nella maggior parte delle regioni africane, mentre i risultati positivi in Asia stanno rallentando. Cause principali di questa imprevista battuta d’arresto negli sforzi fin qui compiuti nella lotta alla fame nel mondo sono - secondo lo studio – oltre i conflitti armati e i rallentamenti economici, i cambiamenti climatici che si ripercuotono sul ciclo delle stagioni agricole e gli eventi estremi di siccità, alluvioni, inondazioni.
Appello ai governi: tutelare i gruppi più vulnerabili
Il rapporto dell’Onu chiede quindi ai governi azioni per rafforzare la resilienza e la capacità di adattamento dei sistemi alimentari e dei mezzi di sussistenza delle popolazioni in risposta alla variabilità del clima e ai fenomeni metereologici estremi. I danni conseguenti alla produzione agricola contribuiscono infatti a ridurre la disponibilità di alimenti, con effetti a catena che causano aumenti dei prezzi alimentari e perdite di reddito, che poi riducono l’accesso delle persone al cibo. Servono poi politiche nutrizionali mirate per garantire l’accesso ad alimenti nutrienti, con particolare attenzione verso i gruppi più vulnerabili, come neonati, bambini, adolescenti, ragazze e donne.
Si allontana l'obiettivo 'fame zero'
La lettura di questo rapporto suggerisce che la strada per liberare l’umanità dallo spettro della fame è ancora lunga da percorrere e che la data del 2030, fissata per raggiungere questo traguardo, appare ancora una volta una meta ambiziosa, dopo quella mancata del 2015 per dimezzare il numero degli affamati, che era stata ipotizzata negli obiettivi di sviluppo del millennio, indicati dall’Onu nel 2000.
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