Convegno a Milano: la persona al centro della ricerca e delle cure
Marina Tomarro - Città del Vaticano
Mettere l’altro al centro delle attenzioni, andando oltre il semplice discorso della malattia, perché il paziente è prima di tutto un uomo che sta vivendo un momento di prova nella sua vita che coinvolge non solo lui ma anche tutta la sua famiglia. È questo il messaggio che mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano ha fatto giungere attraverso un video messaggio ai partecipanti del convegno “Cura il tuo prossimo come te stesso”, che si è svolto nel capoluogo lombardo, promosso dall’Istituto Auxologico Italiano. “E’ necessario – ha spiegato l’arcivescovo Delpini – formare gli operatori non solo dal punto di vista medico, ma anche umano, per aiutare queste persone anche ad accettare la loro sofferenza e dei limiti che possono avere le cure” La malattia diventa quindi un percorso da attraversare nella vita, da fare a volte con coraggio e sopportazione del dolore. “ Ma questo – ha concluso il presule – non preclude il diritto di stare bene del malato e del ricevere cure nel rispetto della dignità della persona”
Prima della malattia al centro c’è la persona
A volte proprio in città metropolitane come Milano e Roma, la persona malata rischia di sentirsi sola e non sapere dove ricevere adeguate cure per le proprie patologie. Proprio per dare una mano a queste persone, nel lontano 1958 mons. Giuseppe Bicchierai volle creare nell'allora provincia di Novara, il "Centro Auxologico di Piancavallo", che all’inizio fu la prima struttura in Italia dedicata alle anomalie dell’ormone della crescita. Successivamente con la sede centrale di Milano, è stato riconosciuto come uno dei maggiori istituti di ricovero e cura di carattere scientifico in Italia, dove ogni giorno si incontrano la cura del paziente con l’attività di ricerca. “Oggi la vera sfida – ha spiegato Mario Colombo direttore generale dell’Istituto - è quella di curare la persona come se curassimo noi stessi. Questa cosa sembra banale eppure oggi è questo uno dei punti chiave per la sanità attuale. Questo è l’obiettivo del nostro convegno che si va a collocare tra gli eventi per i 60 anni della nostra attività.” Ma mentre prima non solo si guariva il paziente, ma lo si aiutava anche dopo, in un reinserimento sociale, soprattutto di fronte a malattie che potevano portare alla disabilità, oggi invece spesso la tecnologia prevale e si perde di vista il vero obiettivo, cioè l’uomo e la sua dignità. “Io credo - ha continuato Colombo - che oltre a conoscere la malattia dobbiamo imparare a comprendere anche la persona, chinarci su di lei e guardarla negli occhi per vedere in chi ci chiede aiuto, il nostro prossimo, non solo una patologia da curare.”
Prima della cura ci deve essere attenzione per il paziente
Diventa quindi importante anche creare un nuovo dialogo tra medici infermieri e pazienti, e tornare a quella che era l’origine della professione medica, con al centro la persona e la sua dignità. “Accogliere il malato – ha sottolineato don Massimo Angelelli direttore della Pastorale della Salute della Conferenza Episcopale Italiana – vuol dire abbracciare tutto il suo mondo, con le sue problematiche e le sue paure. Si deve creare un’empatia tra medico e paziente, perché la persona si affidi con fiducia a chi la curerà sapendo che non sempre la medicina guarisce, ma a volte può solo alleviare il dolore. Solo così si potrà parlare di una buona sanità, dove ci prendiamo cura degli altri come lo faremmo di noi stessi o con una persona a noi cara, quindi con il cuore, non solo attraverso la scienza”.
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