Il Brasile ha scelto Jair Bolsonaro
Claudia Valenti e Fabio Colagrande – Città del Vaticano
“Questa era una vittoria ampiamente prevedibile – dichiara a Vatican News Bruno Desidera, giornalista di “La vita del popolo”, esperto di America Latina e collaboratore dell’agenzia Sir - ma non per questo è meno dirompente”. La vittoria di Bolsonaro rappresenta infatti una frattura storica per il Brasile, dopo una fase di quattro governi consecutivi del Partito dei Lavoratori, chiusasi nell’agosto del 2016 con l’impeachment di Dilma Rousseff, e il breve intermezzo dell’amministrazione di Michel Temer, che è arrivato alla fine del suo mandato battendo tutti i record storici di impopolarità.
Il Presidente promette un futuro di cambiamento
Bolsonaro ha affidato a Facebook il suo primo messaggio dopo la vittoria. Un breve video, trasmesso sui social dal suo appartamento di Barra de Tijuca, quartiere residenziale dell'ovest di Rio de Janeiro. "Sono molto grato a tutti voi, per la vostra considerazione, le vostre preghiere e la vostra fiducia - ha detto l'ex militare - adesso, tutti insieme, cambieremo il destino del Brasile: sapevamo dove stavamo andando e ora sappiamo cosa dobbiamo fare". Il Brasile, ha sottolineato Bolsonaro, "non poteva continuare a flirtare con il socialismo, il comunismo, il populismo e l'estremismo della sinistra" e ora "la verità comincerà a regnare in ogni casa del paese, cominciando dal suo punto più alto, che è la presidenza della Repubblica", perché "il Brasile ha tutto quello che serve per essere una grande nazione".
Nel mondo, un altro leader di estrema destra
“Questa vittoria – afferma Desidera - fa svoltare a destra in modo sempre più netto l’intera America Latina. Ma si tratta ancora una volta di una destra diversa da quella liberale, più vicina alle politiche di Trump negli Stati Uniti o di Duterte nelle Filippine”. In questo, l’America Latina si sta accodando ad una tendenza che è ormai planetaria. Bolsonaro è passato per otto partiti diversi in quasi due decenni di attività parlamentare e fino a poco fa era considerato un personaggio eccentrico, noto per le sue dichiarazioni polemiche a favore della dittatura militare e la tortura contro le donne e le minoranze razziali, etniche e sessuali. In pochi mesi però è diventato un leader, cavalcando il crescente malessere di grandi fasce della società brasiliana. “La quarta democrazia più grande del mondo – scrive l’Ansa - sarà governata da un ex ufficiale dei paracadutisti, denunciato da molti come una minaccia fascista”.
I motivi della sua vittoria
“La crisi economica – spiega Desidera – che era iniziata nel secondo governo di Dilma Rousseff, la corruzione politica, la violenza generalizzata nelle città e il bisogno di sicurezza, sono tutti aspetti che hanno alimentato un’esasperazione diffusa e che hanno spinto i brasiliani ad affidarsi a un cosiddetto uomo forte”. Un uomo che in passato aveva sostenuto la dittatura militare e che ha infarcito la sua campagna elettorale di slogan aggressivi e violenti, ma che si è saputo presentare come un outsider contro l’establishment politico.
La mancanza di un’alternativa politica
“In un momento di tale smarrimento – continua il giornalista - i brasiliani hanno preferito affidarsi a Bolsonaro, anche in mancanza di alternative valide”. Haddad era partito in svantaggio, poiché il Partito dei Lavoratori aveva deciso di spingere fino all’ultimo la candidatura di Lula, bocciata però dalle autorità elettorali a causa della sua condanna a 12 anni per corruzione, e non è riuscito a spostare sulla candidatura di Haddad i voti assicurati dal suo mentore politico né ad ottenere l’appoggio dei leader politici di altri partiti, per lanciare il progetto di unità democratica contro Bolsonaro. “Lo stesso Partito dei Lavoratori deve farsi un esame di coscienza – ribadisce Desidera - sia per i casi di corruzione in cui è stato coinvolto, sia per come ha condotto questa campagna elettorale, affidandosi fino all’ultimo ad un’improbabile candidatura di Lula e lanciando la candidatura di Haddad a soli 20 giorni dal primo turno di votazioni”.
L’appello dei vescovi brasiliani
“I vescovi brasiliani – racconta Desidera - hanno fatto dei ripetuti appelli, affinché non si usassero i linguaggio dell’odio e della violenza, a parlare di programmi e non di slogan”. Si trattava di messaggi critici nei confronti dell’atteggiamento usato da Bolsonaro in campagna elettorale, ma non di indicazioni di voto, come d’altronde non potevano essercene. “Il fattore religioso – sottolinea il giornalista - è stato comunque importante in questa campagna elettorale. Bolsonaro ha avuto l’appoggio delle comunità evangeliche pentecostali e ha attaccato spesso la Chiesa, in particolare la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, dicendo che era la parte marcia dei cattolici brasiliani”. “Bisognerà vedere – aggiunge - se questi attacchi proseguiranno anche nel corso della sua presidenza”.
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