Festival del Cinema di Varsavia: la giuria ecumenica premia il bulgaro “Irina”
Michele Raviart – Città del Vaticano
E’ il film bulgaro “Irina”, della regista Nadejda Koseva, ad aggiudicarsi il riconoscimento della giuria ecumenica del 34° Festival del Cinema di Varsavia. Il riconoscimento dei giurati – i cattolici Domitia Caramazza e Adam Regiewicz e il protestante Peter Ciaccio – è andato al lungometraggio “di alta qualità artistica”, da cui più di ogni altro “possa trarsi una prospettiva evangelica, che affronti temi legati alla dignità umana, con una dimensione universale pur partendo da contesti particolari”.
Reimparare ad amare la vita
Irina, premiato anche dalla Giuria internazionale del Festival, racconta la storia di una donna povera e disoccupata, neo-madre, il cui marito perde le gambe a seguito di un grave incidente. Al fine di mantenere la sua famiglia la donna, interpretata dall’attrice Martina Apostolova decide di portare avanti una maternità surrogata in cambio di denaro, “senza accettare realmente questa condizione e arrivando anche a dire di non essere in vendita nè lei nè il figlio che porta in grembo. Arriva a pensare di abortire e viene accusata per questo di essere un'assassina dalla donna che ha pagato per avere il bambino. E' nel sentire vivere dentro di sè una nuova vita e nell'accoglienza di una nuova vita, che impara ad amare la vita”.
La “Via crucis” di una donna
Il film, si legge nella motivazione, “drammatizza con un originale approccio artistico, autentici valori umani come l'amore e l'accoglienza della vita, insieme al perdono e alla riconciliazione con gli altri e con se stessi, toccando controversi temi bioetici come la maternità surrogata e l'aborto. Promuove la vita raccontando una storia di riscoperta del valore di essa attraverso l'accoglienza di una nuova vita”. “In un mondo senza amore”, spiega ancora il comunicato della giuria ecumenica, “dove la povertà non crea solidarietà ma competizione spietata e sleale, Irina sceglie di sacrificarsi per gli altri, scoprendo in questo percorso il valore del dono totale di se stessa, che non porta all’autodistruzione, bensì alla sua elevazione: una Via crucis che si conclude con la resurrezione sua e delle persone amate”
Premiato anche l’albanese “The Delegation”
Menzione speciale anche per il film albanese “The Delegation”, di Bujar Alimani, che ha vinto anche il Gran Prix del Festival di Varsavia. Ambientato nel 1990, è la storia di Leo, professore e prigioniero politico, che torna improvvisamente utile al governo per la sua amicizia con un delegato dell’Osce. “È un film sulla verità come valore irrinunciabile”, spiega la giuria ecumenica, che spicca “per la regia sobria, la sceneggiatura solida e l’eccellente interpretazione di tutto il cast”.
Un tram a Gerusalemme
Tra i film programmati negli “eventi speciali”, segnalato anche l’ultimo film del regista israeliano Amos Gitaï, “A tramway in Jerusalem”, che racconta la storia degli utenti del tram che fa la spola tra le parti est e ovest di Gerusalemme. “L’oggetto della narrazione e l’interazione tra i personaggi di vario tipo rendono il film interessante”, si legge nel comunicato e, “anche se le scelte stilistiche di Gitaï non sono sempre condivisibili, stimolano il dibattito nel pubblico”.
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