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Onu. Fare di più per il clima: con la scienza non si negozia

Pubblicato oggi il rapporto delle Nazioni Unite sul riscaldamento globale approvato sabato scorso dal Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc), riunito nei giorni scorsi ad Incheon, in Corea del Sud.

Roberta Gisotti – Città del Vaticano

Servono cambiamenti “rapidi”, “lungimiranti” e “senza precedenti”: è questo l’imperativo del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, anziché a 2, come fissato in precedenza.

Nuovi limiti al rialzo temperatura del Pianeta

Il rapporto, redatto da oltre 90 autori di 40 Paesi, con il contributo di migliaia di esperti di tutto il mondo, sarà il riferimento scientifico comune della prossima Conferenza sui cambiamenti climatici, che si terrà in dicembre a Katowice, in Polonia. Qui i Paesi firmatari del Trattato di Parigi, nel 2015, saranno chiamati ad aggiornare gli impegni presi per salvare il Pianeta dal rischio di prevedibili catastrofi naturali, tra cui l’innalzamento del livello del mare, la desertificazione di molti territori, la perdita di habitat e specie e la diminuzione delle calotte glaciali, eventi che avrebbero ripercussioni gravissime sulla salute umana, sui mezzi di sussistenza, sulla sicurezza alimentare e la crescita economica.

Ridurre emissioni Co2 del 45% entro 2030

La novità di questo rapporto è dunque di avere abbassato l’asticella dei gradi di riscaldamento - rispetto ai livelli preindustriali - sostenibili per la terra e i suoi abitanti. Soddisfazione per il lavoro svolto ha espresso Hoesung Lee, presidente dell’Ipcc, sottolineando la credibilità dello studio, con 6 mila citazioni scientifiche, “testimonianza della portata e della rilevanza politica” del Comitato intergovernativo nel guidare i governi in questa difficile ma non impossibile impresa. Per questo il rapporto sollecita i governi del mondo intero ad adottare misure correttive in molti settori delle attività umane: suolo, energia, industria, edilizia, trasporti e pianificazione urbana. Le emissioni di Co2 prodotte dall’attività umana dovrebbero infatti diminuire di circa il 45 per cento rispetto ai livelli del 2010 entro il 2030, raggiungendo lo zero intorno al 2050.

Soddisfazione delle organizzazione ambientaliste

Un rapporto che accoglie le preoccupazioni crescenti delle organizzazioni ambientaliste non governative. “Ci aspettavamo negoziati difficili” – ha commentato Stephen Cornelius, capo della delegazione del Wwf all’IPcc – “e siamo felici che i governi abbiano fatto una ragionevole riflessione fondata su basi scientifiche. Gli attuali impegni dei Paesi per ridurre le emissioni non sono sufficienti per limitare il riscaldamento globale a 1,5°c e con la scienza non si può negoziare”. "Ogni mezzo grado – ha spiegato Cornelius - fa la differenza per le persone e la natura: questa è la realtà sul riscaldamento globale. Dobbiamo scegliere un’azione climatica più forte e accelerare la transizione verso un’economia a zero carbonio in tutti i settori: quello energetico, dei trasporti e alimentare. Senza rapidi e profondi tagli alle emissioni di anidride carbonica, ci troveremo davanti a impatti più gravi per gli ecosistemi”.

Fonti fossili e trasporti sotto accusa in Europa

Echi positivi al rapporto giungono anche dai movimenti ecologisti europei, che puntano il dito, in particolare, contro la dipendenza dalle fonti fossili e l’aumento delle emissioni nei trasporti nei Paesi dell’Ue, alla vigilia del Consiglio dei ministri dell’Ambiente. “Il messaggio della scienza è di speranza e di urgenza”, ha ammonito Wendel Trio del Climate action network: “abbiamo ancora una possibilità di restare sotto 1,5 gradi e le soluzioni sono alla portata.”

 

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08 ottobre 2018, 13:41