Siria: dopo sei anni riapre il museo nazionale di Damasco
Claudia Valenti – Città del Vaticano
Lo scorso 28 ottobre è stata celebrata la riapertura di una parte del museo nazionale di Damasco, inaugurato nel 1920 e chiuso nel 2012 a causa della guerra civile. All’epoca della chiusura, gran parte dei tesori, manufatti e antichità fu evacuata in gran segreto per sfuggire a danni, saccheggi e violenze, e fu messa al riparo in diverse località sparse per il Paese, nei territori rimasti sotto il controllo governativo. "Hanno raccolto e messo in mostra al museo 9.000 pezzi - dichiara a Vatican News Padre Fadi Azar, parroco di Sant'Antonio da Padova a Damasco - ma sono migliaia i reperti rubati e sequestrati che ancora sono sparsi in diverse parti della Siria".
Una riapertura per ora parziale
Per adesso è stata riaperta solo una parte del complesso museale, quattro sezioni che "espongono reperti risalenti alle epoche preistorica, storica, classica e islamica" dice il parroco. Ma l’obiettivo è quello di far tornare in breve tempo la struttura alla sua piena funzionalità. Il ministro siriano della cultura, Mohamed al-Ahmad, ha espresso gratitudine per gli sforzi compiuti per completare i lavori di restauro del museo, nonché per le iniziative internazionali di sostegno, ricevute da parte delle Nazioni Unite attraverso il Programma per lo sviluppo, dalle istituzioni giapponesi e dagli archeologi occidentali interessati alle civiltà siriane.
Numerosi siti archeologici siriani danneggiati
In Siria vi sono oltre 700 siti archeologici di primaria importanza, molti dei quali sono stati distrutti, danneggiati o saccheggiati in questi anni di guerra. “Entrambe le parti in lotta sono state accusate di violazioni – scrive AsiaNews - anche se a trarne i maggiori profitti sono stati i gruppi ribelli e jihadisti che nel commercio di manufatti e antichità hanno trovato una fetta consistente di finanziamenti”. Il caso più famoso di devastazione ha riguardato la città di Palmira, patrimonio Unesco, conquistata dallo Stato islamico, i cui reperti archeologici saranno rimessi in mostra a Damasco proprio in questa occasione.
Un’inaugurazione dal valore simbolico
Mohamed al-Ahmad ha sottolineato che la riapertura del museo può aiutare il Paese a comunicare al mondo che l’immenso patrimonio culturale, storico e artistico siriano è ancora vivo e presente e non è stato distrutto dal terrorismo. Questa inaugurazione assume quindi un significato importante per tutta la Siria, perché sembra testimoniare che si stia avvicinando la fine di questa grande crisi e che si stia compiendo almeno un piccolo passo verso la normalità. “Questa riapertura – spiega Padre Fadi Azar - è molti importante per noi. Ci sembra sia tornata la paze e la tranquillita. Inoltre, ci permette di recuperare l'identità di quella grande Siria, che ha una storia di più di mille anni". "E' bello per noi - aggiunge - poter far conoscere questa Siria attraverso il nostro museo".
Molti ancora i problemi da risolvere
“Non è ancora il tempo di celebrare la fine della guerra - dice AsiaNews monsignor Antoine Audo, vescovo di Aleppo ed ex-presidente di Caritas Siria - ma qualcosa si muove davvero in una prospettiva di reale cambiamento”. Padre Fadi Azar sostiene che la situazione in Siria stia migliorando, che ci siano tanti interventi di ricostruzione e restauro delle città che sono state distrutte. "Il governo - afferma - si sta interessando molto a questo". Nonostante il fascino dell’evento di inaugurazione del museo però, bisogna dire che la Siria continua ad essere un paese in estrema difficoltà, segnato da ferite ancora aperte e le cui priorità rimangono ancora quelle di combattere la povertà e superare la questione della migrazione fra i giovani.
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