Pakistan: proteste degli islamisti per la liberazione di Asia Bibi
Michele Raviart – Città del Vaticano
Giornate di proteste in Pakistan dopo la sentenza di assoluzione di Asia Bibi, la donna cristiana imprigionata per otto anni e condannata a morte sulla basa della legge sulla blasfemia in vigore nel Paese. Gli islamisti radicali hanno bloccato autostrade e distrutto decine di automobili per fare pressioni sul governo e fermare il rilascio della donna. Nuove manifestazioni sono attese nella giornata di oggi, dopo la preghiera del venerdì, con l’esercito pakistano che si è mobilitato in protezione della minoranza cristiana.
Le nuove mosse dell’accusa
Mohammed Salim, il qadi – giudice islamico con il compito di applicare la legge coranica, che per primo aveva accusato Asia Bibi di blasfemia nel 2009, ha richiesto alla Corte suprema di Lahore di riaprire il processo. “Il tribunale della Corte Suprema del Pakistan a Lahore ha accettato questa petizione”, spiega il professor Mobeen Shadid, fondatore dell’Associazione pakistani cristiani in Italia. “Così facendo il caso di Asia Bibi si riapre, però, per ora, non c’è un ordine di arresto per la donna”. (Ascolta l'intervista integrale a Mobeen Shadid sulle proteste dopo l'assoluzione di Asia Bibi)
Il governo difende le sue scelte
Mohammed Salim ha poi chiesto che la donna sia inserito nella Ecl (Exit Control List), la lista di persone a cui è vietato lasciare il Paese. Tuttavia, spiega ancora Mobeen Shadid “ieri sera, è uscita la dichiarazione del ministro federale dell’informazione che ha dichiarato che il governo non è coinvolto in questa richiesta e che questi non ha intenzione di inserire il nome di Asia Bibi nella lista”.
Ci sono state e ci saranno ancora manifestazioni contro questa liberazione. Asia Bibi è diventata un simbolo. Perché questo accanimento?
R. - Asia Bibi è diventata il simbolo delle minoranze religiose del Pakistan e non in quanto vittima della legge della blasfemia. Ora, queste frange estremiste rappresentano in realtà un gruppo che vuole radicalizzare la Costituzione del Pakistan e cacciare via le minoranze presenti nel Paese. Oggi, dopo la preghiera del venerdì, ci sarà molta più folla e la situazione sarà quasi incontrollabile per le strade del Pakistan. Due giorni fa è uscita una circolare del governo circa l’aumento degli agenti di sicurezza intorno alle comunità dove risiedono i cristiani e intorno alle chiese – affinché le folle incitate dagli estremisti non attacchino i quartieri cristiani e gli edifici di culto. Oggi siamo ancora preoccupati. Sono già tre giorni che i cristiani hanno paura di uscire dalle proprie case per partecipare alla vita religiosa quotidiana e andare a Messa.
La situazione sembrerebbe a livello governativo risolta, ma rimane aperta la questione di diritto a questo punto …
R. - Il governo dopo il discorso del Primo Ministro alla nazione, ha dimostrato di sostenere la decisione della Corte Suprema, di dare il suo sostegno alle forze armate per mantenere una situazione di ordine pubblico e di sicurezza sul territorio nazionale. Proprio stamattina il portavoce delle forze armate del Pakistan ha detto che se il governo lo chiedesse sarebbero disponibili a intervenire per mantenere l’ordine pubblico e la sicurezza sul territorio nazionale.
Da un lato c‘è questa sentenza storica che potrebbe lasciar presagire un cambiamento della situazione; dall’altra abbiamo visto che il rischio rimane alto. Come sta vivendo la comunità cristiana pakistana questa liberazione?
R. - La comunità dei cristiani del Pakistan sia sul territorio nazionale che all’estero ha vissuto una speranza guardando al verdetto oggettivo a favore di Asia Bibi e alla sua innocenza. Infatti, ieri, noi come Associazione pakistani cristiani in Italia, abbiamo celebrato la Messa di ringraziamento presieduta dal cugino sacerdote del ministro Shabbaz Bhatti, ucciso in Pakistan proprio perché difendeva Asia Bibi. Abbiamo anche ricordato il musulmano governatore del Punjab, Salman Taseer, e il suo sacrificio per difendere Asia Bibi e i cittadini innocenti del Pakistan. Ci sono musulmani di buona volontà che vogliono vivere il senso profondo religioso presente nel Corano e una vita quotidiana in pace e armonia nel Paese.
Superata questa fase di incertezza, di confusione e di proteste, secondo lei è l’inizio di una nuova fase per la minoranza cristiana e per le alte minoranze religiose?
R. - È un passo molto importante. È una vittoria – non possiamo dire che sia una grande vittoria – ma è un gesto che costa molto al Pakistan, alle istituzioni dello Stato, ma allo stesso tempo richiede anche attenzione non solo del Paese ma anche della comunità internazionale nella promozione, dello studio delle religioni anche se quella pakistana è una società plurireligiosa, nel senso che non ci sono solo musulmani anche se sono la maggioranza. La comunità internazionale dovrebbe sostenere l’impegno del governo e dello Stato pakistano per costruire una società pacifica. Questo non è possibile senza l’educazione.
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