In Vaticano il documentario sul sacerdote che ha trasformato la povertà in speranza
Massimiliano Menichetti - Città del Vaticano
C’è chi lo definisce il “Santo combattente” o “l’uomo dei miracoli”. Il suo nome è padre Paolo Pedro Opeka. La sua storia d’amore verso chi sofferente continua ad attraversare oceani e montagne. Non porta se stesso, ma la forza della fede e del volto di Cristo nelle periferie del mondo. Lazzarista, missionario, Padre Pedro Opeka è un argentino con origini slovene.
Il Madagascar
Nel 1975 va in Madagascar dove conosce la disperazione e la povertà di migliaia di persone che vivono sulle discariche. Non accetta quella situazione: si schiera dalla parte dei più deboli, avvia progetti tra cui la città della speranza, Akamasoa, che in malgascio significa “buon amico”. Nella capitale Antananarivo, non c’è solo immondizia in cui rovistare, ma anche una collina di pietra.
Il primo muratore
E’ in prima linea a martellare quel fondo duro per trasformarlo in ghiaia per costruire. Trasmette, come gli aveva insegnato il padre, il mestiere di muratore e tanta speranza. Anno dopo anno, mattone dopo mattone ridisegna il futuro. Oggi oltre 23mila persone, che un tempo rovistavano nelle discariche, vivono in villaggi con cure mediche, asili nido, scuole e parchi.
La sua storia è diventata un documentario: "Pedro Opeka – buon amico", proiettato in Vaticano venerdì 16 novembre. L'evento è stato organizzato dall'Ambasciata della Repubblica di Slovenia presso la Santa Sede e dal Ministero della Cultura della Repubblica di Slovenia. Le immagini scelte dall’autore di questo film - il giornalista della televisione nazionale slovena, Jože Možina - non puntano come spesso accade sulla sofferenza e il degrado, ma - come tutta la vita di Padre Pedro Opeka - sulla dignità e la rinascita.
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