L’impegno internazionale di Sant’Egidio contro la pena di morte
Marco Guerra – Città del Vaticano
''Per un mondo senza la pena di morte'', è il tema dell’XI Congresso internazionale dei ministri della Giustizia che si è tenuto questa mattina a Roma presso la Camera dei Deputati. L'evento, che riunisce circa 30 ministri, soprattutto di Paesi africani e asiatici, è organizzato a cadenza annuale dalla Comunità di Sant'Egidio, con il sostegno del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano, e si prefigge di incoraggiare e sostenere i Paesi che hanno intrapreso un processo istituzionale di abolizione della pena capitale.
Aumentano i Paesi abolizionisti
Nel corso dell’iniziativa i numerosi rappresentanti di Paesi da tutti i continenti hanno tratteggiato l’attuale quadro internazionale in cui si colloca la lotta per l’abolizione della pena di morte, con un metodo inclusivo che ha coinvolto sia i governi abolizionisti che quelli ancora mantenitori.
Ad oggi sono infatti 106 i Paesi che hanno abolito per legge questa pratica per tutti i reati, otto sono quelli che la mantengono solo per reati eccezionali, poi ci sono 29 Paesi che sono abolizionisti de facto poiché non vi si registrano esecuzioni da almeno 10 anni. Quindi in totale sono 143 gli Stati che nella legge o nella pratica hanno abolito la pena di morte. Sono invece 56 i Paesi che mantengono in vigore la pena capitale, ma il numero di quelli dove le condanne a morte sono eseguite è di 23.
La Malaysia conferma impegno per l’abolizione
Molto significativa è stata la presenza al congresso, per la prima volta, del ministro della Giustizia della Malaysia, Liew Vui Keong, il quale ha ribadito la volontà del suo governo di voler introdurre una nuova legge per abolire la pena capitale e una moratoria delle esecuzioni dei condannati. Attualmente nel Paese del sud-est asiatico la pena di morte è obbligatoria per 32 crimini. Altra presenza degna di nota quella Andrej Naumovic, presidente della Commissione sui Diritti Umani del parlamento della Bielorussia, l’ultimo Paese europeo a mantenere la pena capitale.
Moavero: Italia in prima linea
La conferenza si è aperta con l’intervento del ministro degli Esteri Italiano Enzo Moavero Milanesi che ha ricordato il ruolo dell’Italia, che da sempre è in prima linea per l’abolizione della pena di morte in tutto il mondo. “Difronte a crimini di particolare gravità, l'istinto è quello di colpire in maniera analoga il colpevole del delitto, ma in una società civile è necessario dominare gli istinti anche a livello giuridico", ha quindi evidenziato il titolare della Farnesina.
Mons. Gallagher: pena di morte non giustificabile
"La pena di morte non è giustificabile, nemmeno come ipotesi di legittima difesa". Lo ha affermato nel suo intervento mons. Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati della Santa Sede. "Non sono pochi gli Stati che prevedono ancora la pena capitale, ma sono di più quelli che l'hanno abolita o hanno aderito alla moratoria - ha osservato il presule - segno della consapevolezza che la pena di morte può essere sostituita da altri mezzi più giusti ed efficaci”.
Il segretario per i Rapporti con gli Stati ha quindi ricordato che anche la Chiesa ha attraversato fasi storiche in cui la pena capitale era considerata un mezzo estremo ma legittimo, ma dalla seconda metà del Novecento ha preso posizioni sempre più caute, con una prima modifica, in tal senso, del catechismo della Chiesa Cattolica nel 1992.
La modifica del Catechismo
“La spinta per l’abolizione è continuata con Benedetto XVI e Francesco” ha aggiunto Gallagher, soffermandosi sulla recente revisione del numero 2267 del Catechismo della Chiesa sulla pena di morte formalmente approvata 11 maggio 2018 e annunciata in una lettera del 1 agosto 2018 a tutti i vescovi cattolici. Il nuovo testo indica che “la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona”.
Impagliazzo: su pena di morte non prevalgano le emozioni
“Sulla pena di morte è facile lasciarsi trascinare, specie dopo efferati delitti”, ha detto il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, “malgrado ciò, anche quest’anno durante il voto in commissione all’ONU, alla bozza di risoluzione per la moratoria nuovi Paesi abolizionisti si sono aggiunti a favore di essa”. Per Impagliazzo si tratta di una buona notizia: “Ciò significa che gli Stati, almeno quando dialogano fra di loro, non si fidano della “geopolitica della emozioni””.
Abolizione pena di morte toglie legittimità alla violenza
Impagliazzo ha poi fotografato le violenze più efferate che vengono perpetrate ogni giorno nel pianeta, da femminicidi al terrorismo passando per le guerre. “Vale la pena combattere la morte “legalizzata” se quella illegale o coperta dai conflitti è così enorme, disumana, generalizzata?” si è quindi interrogato Impagliazzo. “Dico di sì, vale la pena perché la battaglia contro la pena di morte toglie di per sé stessa ogni legittimità a qualunque morte, omicidio, violenza e, soprattutto, a qualunque guerra dichiarata o non dichiarata, giustificata o non giustificata” ha spiegato il presidente della Comunità di Sant’Egidio.
L’appello alla California
A conclusione del convegno, Mario Marazziti, coordinatore della campagna mondiale contro la pena capitale della Comunità di Sant'Egidio, ha lanciato un appello al governatore della California, il democratico Jerry Brown, affinché "dichiari una moratoria per tutti i 742 condannati a morte nel carcere di San Quintino, il più grande braccio della morte in Occidente, prima di lasciare il suo incarico a fine anno".
Intanto sale l’attesa per la votazione, nelle prossime settimane, dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla bozza di risoluzione sulla moratoria alla pena di morte. Il documento in commissione ha già ottenuto più consensi rispetto alle precedenti moratorie, arrivando a 123 Paesi favorevoli, 30 astenuti e 36 contrari.
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