Pakistan: 150 arresti tra i manifestanti anti-Asia Bibi
Michele Raviart – Città del Vaticano
Oltre centocinquanta persone sono state arrestate ieri in Pakistan per le violenze commesse durante le manifestazioni di protesta dei giorni scorsi contro la sentenza di assoluzione per Asia Bibi, la donna cristiana imprigionata per otto anni e condannata a morte con l’accusa di blasfemia. I manifestanti, legati ai partiti islamisti più radicali, hanno bloccato strade e incendiato veicoli per tre giorni in tutto il Paese e hanno terminato le proteste solo dopo che il governo ha vietato ad Asia Bibi di lasciare il Pakistan fino a quando la Corte suprema non si pronuncerà sul ricorso già presentato dall’accusa.
Richiesta d’asilo politico
Il marito di Asia Bibi, Ashiq Mash, ha lanciato un appello a Donald Trump, Theresa May e Justin Trudeau per chiedere asilo politico per lei e la sua famiglia negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Canada, Paesi dove la comunità pakistana è più numerosa. “Fate il vostro meglio per aiutarci”, ha dichiarato nel videomessaggio.
L’avvocato lascia il Paese
Mentre sono ancora incerte le informazioni su dove si trovi ora Asia Bibi, a lasciare il Pakistan è stato ieri l’avvocato della donna, Saiful Malook. Il legale, che ora si trova in Europa, temeva per la sua vita e ha detto di voler continuare a portare avanti la battaglia legale per Asia.
La solidarietà del Parlamento europeo
“Chiedo alle autorità del Pakistan di liberare Asia Bibi e di proteggere lei e la sua famiglia dalle minacce di fanatici religiosi”, ha ribadito il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. “La sua sola colpa”, ha aggiunto, “è di essere cristiana".
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