Ebola in RD Congo: Unicef, più di un terzo dei casi riguarda bambini
Giada Aquilino - Città del Vaticano
I bambini rappresentano al momento più di un terzo dei casi di Ebola registrati nelle regioni colpite dall’epidemia nella Repubblica Democratica del Congo, in particolare nella zona orientale del Paese africano. È l’allarme lanciato dall’Unicef, secondo cui nell’ex Zaire un caso di Ebola su dieci riguarda un bambino con meno di cinque anni. I bambini che contraggono il virus dell’Ebola, spiegano inoltre gli operatori dell’agenzia Onu, sono a più alto rischio di morire per la malattia rispetto agli adulti.
I dati dell’epidemia
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’epidemia in corso ha già provocato 285 morti, soprattutto nel Nord Kivu e nell’Ituri, teatro da tempo di violenze e scontri, e risulta seconda solo a quella che colpì principalmente Guinea, Sierra Leone e Liberia nel 2014 con oltre 11 mila vittime.
Bimbi orfani o non accompagnati
“Grazie ai nostri operatori sul campo, abbiamo identificato almeno 400 bambini rimasti orfani o che al momento risultano non accompagnati a causa del virus di Ebola”, spiega Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia. In generale, ai bambini colpiti dal virus, a quelli rimasti senza genitori o lontani dai familiari - aggiunge - “Unicef ha fornito un’assistenza adeguata, cure nutrizionali e sostegno psicosociale per l’istruzione e abbiamo aperto delle scuole nei centri di cura nella zona di Beni, proprio per assistere i più piccoli perché i genitori vengono isolati nel centro sesso” (Ascolta l'intervista ad Andrea Iacomini).
La sensibilizzazione
In un Paese che ha conosciuto già nove epidemie di Ebola dal 1976 ad oggi e vive un momento politico particolarmente delicato, alla vigilia delle presidenziali del prossimo 23 dicembre, dall’inizio della nuova ondata di casi - l’estate scorsa - gli operatori dell’agenzia Onu hanno portato “assistenza psicosociale a 500 famiglie colpite, con bambini”. Tra le iniziative messe in campo, evidenzia il portavoce di Unicef Italia, quella di sensibilizzazione “per circa 100 mila bambini delle scuole con messaggi di prevenzione”, di informazione “per oltre 4 mila insegnanti sui rischi” del virus e di distribuzione “a 400 scuole delle aree ad alto rischio di impianti per il lavaggio delle mani, perché l’igiene in questi casi è fondamentale”.
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