Uno sguardo sui profughi eritrei in Etiopia nel film “Alganesh”
Michele Raviart – Città del Vaticano
La fuga dei profughi eritrei nella vicina Etiopia e la vita dei minori nel campo di confine di Mai Aini sono al centro del film documentario “Alganesh: all’orizzonte una speranza” di Lia e Marianna Beltrami, presentato alla Filmoteca Vaticana nel corso del XXII Festival del Dialogo Interreligioso. A far da guida a Mai Aini e in altri tre campi profughi è la dottoressa Alganesh Fessah, italo-eritrea che da trent’anni si occupa di aiutare chi è fuggito dal suo Paese a causa della fame e della guerra.
Sempre più minori nei campi
“Alganesh nasce per raccontare la vita quotidiana di migliaia e migliaia di profughi che dall’Eritrea scappano per arrivare in Etiopia”, spiega la regista Lia Beltrami, che ha impiegato circa due anni per realizzare il documentario. “Abbiamo focalizzato la vita quotidiana dei bambini nel campo profughi di Mai Aini, dove sono migliaia i bambini non accompagnati”, spiega. “Una volta avevano 14-15 anni ora fuggono che hanno 6-7 anni. In questo contesto c’è l’attività di una donna straordinaria, la dottoressa Alganesh che si spende totalmente per dare dignità a ognuna di queste persone che soffrono”.
Un Paese in fuga
“Sono tornata cinque giorni fa dai campi profughi”, spiega la dottoressa Alganesh Fessaha, fondatrice dell’associazione Gandhi Charity, “ e c’erano 700 persone che sono arrivate in un giorno. Tra questi il 50% erano minori non accompagnati”. Dopo la pace dello scorso settembre tra Etiopia ed Eritrea molta gente sta continuando a fuggire. “Questa pace qui è una cosa bella e ha dato anche la possibilità alla gente di fuggire senza passare attraverso trafficanti di organi e di essere umani”, afferma la dottoressa, “dall’altra parte c’è una tristezza enorme perché mi domando chi sia rimasto lì. Solo in Etiopia ci sono più di 150 mila profughi. Chi è rimasto in Eritrea? I Bambini e gli anziani e questa è una cosa che mi fa male”.
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