Siria: il lento ritorno dei rifugiati alimenta le speranze di pace
Marco Guerra – Città del Vaticano
Circa 114mila rifugiati siriani sono stati rimpatriati nel 2018, lo ha comunicato martedì l'esercito russo. Si tratta solo di una piccola parte rispetto ai quasi sei milioni di persone che hanno lasciato la Siria dall’inizio del conflitto, ma il dato è comunque indicativo di un’inversione di tendenza. Il generale Mikhail Mizintsev ha riferito anche che oltre 177.000 sfollati interni sono tornati alle loro case sempre nel 2018. Secondo l’alto esponente dell’esercito russo i ritorni dimostrano che "la restaurazione del Paese sta procedendo a pieno ritmo".
5,6 milioni di rifugiati
Il conflitto iniziato nel 2011 ha portato allo spostamento di circa la metà dei 23 milioni di siriani; 5,6 milioni di rifugiati vivono ora in altri Paesi, gran parte di essi negli Stati confinanti (Turchia, Libano, Giordania, Egitto ed Iraq).
Onu: stima 250mila possibili rimpatri nel 2019
Dal canto suo anche l'agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) conferma un clima più favorevole al rimpatrio dei rifugiati, stimando che il prossimo anno fino a 250mila siriani potrebbero far ritorno nel loro Paese. "In questa fase prevediamo che fino a 250mila siriani torneranno nel 2019. Questo numero può salire o scendere in base al ritmo con cui stiamo lavorando per rimuovere ciò che ostacola il loro ritorno", ha detto Amin Awad, direttore di Unhcr per il Medio Oriente e il Nord Africa. L’Unhcr ha quindi chiesto al governo di Damasco di aiutare a risolvere i problemi di molti rifugiati legati alla nuova legge sulla proprietà e ai documenti.
Sul terreno ancora violenze
Intanto in alcune zone del Paese resta alta la tensione, l'Osservatorio siriano per i diritti umani con sede a Londra fa sapere che sono più di seicento le persone che hanno perso la vita negli scontri nella Siria orientale a est del fiume Eufrate, dove è in corso un'offensiva lanciata dai ribelli delle Forze democratiche siriane (Fds) contro l'ultima enclave dei jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is). L’opposizione riferisce anche di scontri nella zone di de-escalation di Idlib e Hama tra l’esercito regolare di Damasco e i ribelli.
La missione in Siria di Sos cristiani d’Oriente
In molte aree del Paese, nel frattempo, prosegue il complesso processo di riconciliazione. Della pacificazione ha parlato a VaticanNews don Salvatore Lazzara, che è appena tornato dalla Siria dove ha svolto una piccola missione con la sezione italiana di Sos Cristiani d’Oriente. La missione si è inserita nel contesto della grande preghiera per la pace voluta da Papa Francesco, il quale come segno di riconciliazione, ha acceso – su proposta di Acs (Aiuto alla Chiesa che soffre) - in contemporanea con tanti fedeli siriani e del mondo, la candela della pace.
La fede delle comunità cristiane
Il sacerdote ha raccontato della ricostruzione a Damasco e ad Aleppo, della fede delle comunità cristiane e della visita al monastero delle suore Trappiste a Tartus. “Le Chiese sono strapiene di gente, partecipano ai sacramenti, all’Eucaristia, alla preghiera, ricordano con affetto coloro che non ci sono più, che hanno testimoniato con il sangue la loro fede” ha spiegato don Lazzara.
Non c’è guerra tra religioni
Il presbitero ha inoltre sottolineato che non il conflitto non è stata una guerra di religioni e ha parlato del ritorno dei rifugiati: “Negli ultimi mesi si sta registrando, grazie a un accordo con il governo libanese, un lento rientro dei profughi siriani nella loro terra; così come anche dalla Giordania, dalla riapertura del valico di Nassib, stanno lentamente ritornando nella loro terra”.
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