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Siria. Natale a porte aperte per la Chiesa di Damasco

I francescani di Damasco aprono le porte della chiesa del quartiere cristiano. Nella capitale della Siria primo Natale gioioso dopo gli anni sanguinosi della guerra

Marco Guerra – Città del Vaticano

Nella città siriana di Damasco si è festeggiato il primo Natale senza violenze e attentati dopo otto anni di guerra. I francescani della Custodia di Terra Santa riferiscono che per le strade della capitale della Siria si avverte un clima più sereno e che molte piazze e strade sono state abbellite per le festività.

Le iniziative dei cristiani di Damasco

Per l’occasione la chiesa francescana nel quartiere cristiano di Bab Touma ha aperto le sue porte a tutti, creando uno spazio di incontro tra persone di diverse appartenenze etnico religiose. I visitatori vengono guidati in un percorso di quattro tappe che passa attraverso il presepe e possono aderire all’iniziativa “Un regalo sospeso” che permettere ai bambini più poveri di ricevere un regalo.

Anche Aleppo lavora per la riconciliazione

Anche ad Aleppo, seconda città del Paese per anni assediata dai jihadisti, ci cerca di tornare alla normalità e di rimarginare le ferite della guerra. Altre aree del Paese restano instabili, come la provincia di Idlib, dove si trova il villaggio di Knayeh, che vede la sparuta comunità cristiana vivere sotto il controllo delle milizie integraliste del fronte Hayat Tahrir al-Sham.

Sulle iniziative portate avanti dalla Custodia di Terra Santa a Damasco, abbiamo intervistato padre Bahjat Elia Karakach, parroco e superiore del Convento di San Paolo a Damasco, la parrocchia principale di rito latino della Capitale siriana. (Ascolta l'intervista a padre Karakach)

R. – Questo è il primo Natale che viviamo dopo le violenze, il primo Natale che viviamo in sicurezza, senza paura di mortai, di atti terroristici. Quindi si respira un clima veramente molto positivo e gioioso. Le celebrazioni sono ovunque, gente per le strade, nei mercati, anche le piazze della città sono abbellite: il municipio vuole dare anche questo segno di una ricostruzione del Paese e quindi di un clima di serenità e contribuisce quindi ad abbellire le strade di Damasco, ma non solo: le maggiori citta siriane vivono questo clima positivo e quindi ringraziamo il Buon Dio perché finalmente riusciamo a tornare alla normalità.

E’ una grande festa per la comunità cristiana che è stata provata dalla guerra, ma è anche un momento in cui la comunità cristiana apre le porte e incontra i musulmani. Ci vuole raccontare questo?

R. – Certo. Per noi, la visibilità è molto importante e diventa anche un modo di evangelizzazione: il fatto di esprimere la nostra fede con le celebrazioni così chiare, per le strade, con le processioni, anche con le feste all’aperto. Noi abbiamo aperto la chiesa, nei giorni scorsi, e continuiamo ad aprirla per celebrare il Natale con un itinerario di quattro stazioni che è l’itinerario dei re Magi. E’ un modo per accogliere la gente – cristiani e musulmani – spiegare loro che cosa è il Natale e parlare loro del messaggio che Cristo ha portato, un messaggio di riconciliazione e di pace. E devo dire che questa iniziativa ha avuto un esito molto positivo, e abbiamo centinaia di persone che per la prima volta ascoltano il racconto del Natale e magari hanno la possibilità di visitare una chiesa: è un modo molto bella per esprimere la nostra fede e celebrare il Natale, cristiani e musulmani insieme.

C’è spazio anche per i meno fortunati, i bambini orfani, per i quali è stata pensata l’iniziativa del “regalo sospeso”: di cosa si tratta?

R. – E’ un’iniziativa creata dai nostri giovani della parrocchia: quella di invitare la gente a lasciare o un’offerta o un regalo che sarà destinato a un bambino orfano o a un bambino povero; ovviamente attraverso i nostri ragazzi che vanno in strada a distribuire questi regali. Devo dire con sorpresa che abbiamo avuto la fortuna di avere regali, magari da gente non molto abbiente ma che sente la necessità della solidarietà. E molte volte devo dire che i nostri ragazzi testimoniano perfino che i musulmani vengono a lasciare i doni per i bambini orfani. Quindi, è un modo per coinvolgere tutta la gente – musulmani e cristiani – a essere solidali con i poveri.

C’è però ancora molto da fare: lei è ottimista, guardando al futuro, su una possibile ricostruzione di quel mosaico siriano che vedeva unite le diverse comunità? E quale futuro vede per i cristiani della Siria che sono fuggiti? C’è possibilità per un ritorno, perché la comunità cristiana torni a essere sale e lievito di questa terra?

R. – Devo dire che le nostre comunità sicuramente hanno preso un colpo abbastanza forte, con questa guerra; però, guardando anche la storia del Medio Oriente, della Siria vediamo che ogni volta che la comunità cristiana viene colpita, riesce a rifiorire e a riprendere vita. Io penso che il processo di normalizzazione nel Paese sia irreversibile, sta andando avanti grazie al contributo di tutte le comunità. Ovviamente, abbiamo una grande responsabilità, come cristiani, in questo momento per dare il nostro contributo nel diffondere anche la cultura della riconciliazione. Però, io sono ottimista perché già si vede che i cristiani e i non cristiani, tutti fanno la loro parte per il futuro della Siria.

 

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26 dicembre 2018, 09:00