Lascia il capo del Pentagono dopo l'annuncio del ritiro truppe USA dal M.O.
Paola Simonetti – Città del Vaticano
"Gli Stati Uniti non vogliono essere il poliziotto del Medio Oriente. Ora tocca agli altri combattere". Questa la posizione del presidente Usa, Trump, che non arretra sulla decisione di ritirare i propri militari dallo scenario siriano: circa duemila soldati dovranno tornare a casa entro 30 giorni. Una politica che sta generando una bufera interna, tanto da portate il capo del Pentagono, Jim Mattis, a lasciare l’amministrazione.
Ritiro delle truppe Usa anche dall'Afghanistan
Delle ultime ore, poi, l’annuncio del capo della Casa Bianca di abbandonare il campo anche in Afghanistan, con il rientro in patria di circa 7 mila soldati nelle prossime settimane. “Le ripercussioni, soprattutto in Siria, sono importanti – spiega Gianluca Pastori, docente di politica statunitense alla Cattolica di Milano - : l’uscita degli Stati Uniti lascia il campo libero ai principali avversari degli Usa, ovvero Russia, Iran e Turchia, con l’abbandono anche dell’appoggio alla milizia curda nel nord della Siria”, contro cui combatte proprio la Turchia che considera i curdi terroristi.
La ricerca della sovranità degli Usa
Il Congresso degli Stati Uniti a questo punto ha chiesto al presidente un chiarimento, soprattutto sulla strategia complessiva dietro la sua decisione. L’obiettivo a breve termine per Trump con questa mossa, secondo Gianluca Pastori, “è avere un immediato consenso, il rimpatrio dei soldati ha l’apprezzamento del cittadino trumpiano. A lungo termine, invece – aggiunge Pastori - c’è l’intento del presidente di slegarsi da quelle che considera ingerenze da parte dei Fori internazionali e delle Nazioni Unite”. Una strategia che potrebbe rivelarsi, però, a doppio taglio: “Paradossale che Trump voglia rilanciare la sovranità e il potere degli Stati Uniti – conclude Gianluca Pastori - con un cruciale disimpegno dagli scenari internazionali. Una politica che non si era mai vista prima negli Usa”.
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