Sudan, decine di morti durante le proteste contro la crisi economica
Giordano Contu – Città del Vaticano
La dimostrazione pubblica contro il carovita, iniziata il 19 dicembre scorso, si è allargata a decine di città del Sudan, trasformandosi in una contestazione violenta del presidente Bashir. Amnesty International parla di 37 persone uccise durante le manifestazioni, mentre sarebbero 19 secondo il governo sudanese. Alcuni oppositori politici sono stati incarcerati. Giornalisti e i medici hanno indetto uno sciopero generale. Alcuni Stati occidentali hanno espresso preoccupazione per l’uso della forza da parte delle forze dell’ordine.
La lunga crisi economica
Il Sudan vive da anni una grave crisi economica che risale al 2011”, dice Enrico Casale, della rivista Africa dei Padri Bianchi. “Almeno da quanto il Sud Sudan è diventato indipendente e ha preso gran parte dei pozzi petroliferi che erano la maggior fonte di ricchezza del Sudan unitario”. Così l’economia sudanese è entrata in crisi, portando “un deprezzamento della valuta e un aumento generalizzato dei prezzi che sta strangolando la popolazione”, spiega Casale.
Le proteste contro al-Bashir
Il presidente Omar Hasan Ahmad al-Bashir ha assunto il governo del Paese 30 anni fa. Era il 1989. Dai manifestanti “è ritenuto il responsabile di questa crisi economica”. È accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità e su di lui pende un mandato di cattura internazionale. Il Sudan di oggi è un Paese con un governo autoritario, ma se “continuerà la repressione, probabilmente aumenteranno anche le tensioni”, è l’analisi di Casale, secondo cui l’unica possibilità è che al-Bashir apra agli oppositori, alcuni dei quali, però, sono stati incarcerati.
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