Unicef: 2018, anno terribile per i bambini
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
Utilizzati come scudi umani, sfruttati sessualmente, uccisi o reclutati per combattere. E' la terribile normalità a cui sono sottoposti milioni di bambini nelle tattiche di conflitto: dalla Siria allo Yemen, dalla Repubblica Democratica del Congo alla Nigeria, al Sud Sudan, al Myanmar. Lo rende noto l'Unicef, nel Rapporto 2018 dedicato alle condizioni dei minori in zone di guerra.
In questo oceano di dolore, l'Agenzia ONU, chiede alle parti in conflitto di rispettare i loro obblighi, sanciti dal diritto internazionale, di porre fine immediatamente alle violazioni contri i bambini e all’utilizzo, come obiettivi, di infrastrutture civili che comprendono scuole, ospedali e infrastrutture idriche. Inoltre, chiede agli Stati che hanno un’influenza sulle parti in conflitto, di utilizzare quest’influenza per proteggere i minori. Mai, come in questo periodo storico, si è scatenata la violenza nei confronti dei bambini e, come dichiara il portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini, la situazione sembra destinata a peggiorare. (Ascolta e scarica il podcast dell'intervista)
R. – Oggi l’utilizzo di meccanismi per distruggere un Paese - attaccando i bambini, gli innocenti, le parti più deboli - per creare un clima di ancor maggiore tensione è diventata una vera e propria arma di guerra. E quindi è chiaro che i leader del mondo non si assumono quelle responsabilità a cui dovrebbero rispondere di fronte a questo accanimento. Più volte abbiamo invocato le parti in conflitto per fermare queste atrocità che di fatto avvengono con un’impunità totale. Tutto questo nel 2018 è peggiorato.
Come agite?
R. – L’Unicef è presente in 190 Paesi del mondo e in ciascuno di questi Paesi noi proteggiamo i bambini, ovunque e nei modi più disparati. Riusciamo addirittura a costruire scuole nei sotterranei – voglio fare il caso della Siria - : mentre in superficie si bombarda, questi bambini continuano ad avere una parvenza di normalità. Noi li portiamo a scuola nei sotterranei. Penso allo Yemen, a tutte quelle zone, quegli spazi a loro dedicati… Per esempio, in Myanmar, i Rohingya in fuga – naturalmente verso il Bangladesh – sono riusciti a proteggere i loro figli grazie a questi spazi. E poi, il recupero psicologico: tanti bambini vengono traumatizzati e per tutto questo i nostri operatori, in ciascun Paese, hanno messo in campo veri e propri programmi di protezione. Pensiamo, ad esempio, a tutto quello che avviene nei confronti dei bambini-soldato, dove a migliaia vengono reclutati e quando riusciamo a tirarli fuori da questi drammi, li riportiamo in vita, ricongiungendoli ai loro familiari, consentendo loro di deporre le armi e di iniziare un percorso di recupero.
C’è chi vi aiuta in loco?
R. – Sì: l’Unicef – ed è la caratteristica più importante della nostra Organizzazione – riesce in questi Paesi ad avere personale che collabora con noi, con associazioni, con movimenti, con gruppi che naturalmente agiscono in ciascun Paese e quindi conoscono molto bene le realtà con le quali noi riusciamo a interagire e che diventano nostri partner e grazie ai quali noi riusciamo a mettere in campo aiuti, riusciamo a portare acqua, riusciamo a proteggere i bambini, riusciamo a creare degli spazi per assisterli. E’ veramente uno straordinario lavoro di cooperazione internazionale, perché la nostra rete di partner è enorme e si fonda proprio su tante associazioni di tutti i tipi, di ogni credo e con tutte le caratteristiche possibili e immaginabili perché, al centro, c’è quello che dice la Convenzione: il superiore interesse dei bambini.
Quindi, il vostro appello...:
R. – Il nostro appello è che nel prossimo anno, nel 2019, nell’anno del 30.mo anniversario della ratifica della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e il 70.mo della Convenzione di Ginevra, i bambini devono essere sempre più protetti. E’ necessario fare di più per prevenire le guerre, per porre fine ai disastrosi conflitti che devastano le loro vite e, anche se le guerre continuano, noi non dobbiamo accettare mai che continuino gli attacchi contro i bambini. Bisogna fare in modo che le parti in guerra abbiano l’obbligo di proteggerli. Altrimenti, purtroppo, i bambini e le loro famiglie, le comunità continueranno a soffrire conseguenze devastanti. Oggi, ma soprattutto negli anni a venire.
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