WFP: nel 2019 sicurezza alimentare in pericolo in Palestina
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Per una grave carenza di fondi il nuovo anno si profila a rischio per l'assistenza alimentare fornita dal WFP in Palestina. Ciò significa che 193mila persone tra Gaza e Cisgiordania ridimensioneranno il loro stile di vita, già portato avanti a stento tra povertà e disoccupazione, o non riceveranno più alcun tipo di supporto.
Non solo cibo, ma sviluppo
L'allarme è lanciato a Vatican News da Emanuela Cutelli Responsabile comunicazione per l'Italia del WFP, il Programma alimentare mondiale che avrebbe bisogno di 57 milioni di dollari per mantenere nel nuovo anno, l'attuale livello di sostegno, che - spiega- "non si esaurisce nelle forniture di cibo ma riguarda tutta la vita sociale fatta di occupazione, istruzione, attività agricola e imprenditoriale".
Buoni elettronici a stimolare l'economia
Attraverso per esempio il sistema dei "buoni alimenatri elettronici che permettono alla gente di fare acquisti in quasi duecento attività commerciali", sottolinea Emanuela Cutelli, "il WFP inietta 3 milioni di dollari nell’economia locale. Si è riscontrato che i voucher hanno aumentato di molto la creazione di posti di lavoro e di investimenti nel settore agro-industriale, a vantaggio delle piccole imprese, dei produttori locali caseari e delle piccole realtà agricole."
Meno fondi, meno cibo e più instabilità
La situazione dunque non può e non deve peggiorare, rimarca la Cutelli, facendo appello alla comunità internazionale. Già l'insicurezza alimentare è in aumento e colpisce un terzo della popolazione palestinese. La situazione peggiore si riscontra a Gaza e rigurda quasi il 70% della popolazione: molti faticano a sopravvivere con meno di un dollaro al giorno e non riescono a soddisfare i principali bisogni che riguardano cibo, abiti e alloggio. L’interruzione e la riduzione dell’assistenza alimentare potrebbe costringerle a saltare i pasti, a contrarre ulteriori debiti e a ritirare i bambini da scuola. Queste misure rischiano di aggravare la crisi umanitaria e l'instabilità esistenti a Gaza.
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