Gli ebrei protetti dagli agostiniani. I ricordi del card. Grech
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
R. – Questa iscrizione è del 1945. Io sono venuto qui nel Collegio Santa Monica nel ’46. In questa iscrizione è menzionato padre Ugolino Gatt, era il mio professore di filosofia a Malta, e già allora lui ci raccontava di questi rifugiati che stavano a Santa Monica. Quando poi sono venuto ho conosciuto direttamente questo Stuccoli, che è menzionato qui nell'iscirzione, e anche i Di Castro. Fra i nomi di questa iscrizione dunque io posso dire che erano ebrei, certamente i due Di Castro e Stuccoli. Quest'ultimo era un medico. Credo fosse un medico della Casa Reale. Fra gli altri nomi, ci potrebbero essere anche alcuni altri ebrei però non so, molti erano rifugiati politici, socialisti, etc., che erano perseguitati dal regime. La lapide è stata eretta, non da noi agostiniani per ricordare noi stessi, ma da loro per ringraziare la comunità di Santa Monica.
D. - Dalle testimonianze che ha avuto modo di ascoltare: a quei tempi come vivevano le persone che trovarono riparo qui nel collegio internazionale Santa Monica?
R. - Stavano al quarto piano, c’erano molte camere in cui si potevano accomodare. Le mogli stavano da Maria Bambina, qui accanto.
D. - Si percepiva il rischio di poter essere scoperti? Come veniva vissuto?
R. –Sì, certamente. Il rischio sempre c’era. Però noi siamo in una zona extraterritoriale, allora la Gestapo non poteva entrare qui. Tuttavia fra noi e il colonnato, la strada è territorrio italiano. Una volta per esempio, questo Stuccoli, aveva sentito che i tedeschi erano entrati a San Paolo. Allora ha cominciato ad avere paura di stare qui. E mentre le due guardie si erano allontanate, lui ha fatto un salto fin dentro il Vaticano e quindi quando è finita la guerra si trovava dentro il Vaticano, non qui al Collegio. Altri sono rimasti qua, e per fortuna i nazisti non sono mai entrati qui dentro.
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