Egitto: chiusa chiesa copta. Per il vescovo di Minya è un caso isolato
Michele Raviart - Città del Vaticano
Un luogo di culto della chiesa copta ortodossa di Mansheyat Zaafarana, nella provincia egiziana di Minya è stato chiuso in seguito alle proteste di un gruppo di estremisti islamici. Un gruppo di giuristi copti ha pertanto denunciato il governatore della provincia di Minya, sottolineando anche il ruolo della polizia, che non avrebbero difeso adeguatamente la casa privata che, come spesso accade, è utilizzata dalla comunità locale per riunirsi in preghiera.
Sei nuove chiese inaugurate a Minya
Si tratta di un episodio isolato, spiega mons, Botros Fahim Awad Hanna, vescovo copto cattolico di Minya. “Non è una politica generale, perché il governo stesso non ha questa tendenza di opprimere i cristiani, anzi: vediamo spesso delle possibilità. E’ successo una volta che ci hanno chiuso una chiesa ma con il dialogo, con la pazienza siamo riusciti a farla riaprire. Ma i luoghi di culto non sono nel mirino per essere chiusi. Nella diocesi abbiamo 37 chiese, ne abbiamo inaugurate sei nuove: la situazione sicuramente è migliorata, rispetto a prima”.
Miglioramenti con la nuova legge
Nel 2016 una nuova legge sui luoghi di culto ha infatti rappresentato un passo avanti per le comunità cristiane in Egitto, superando le “10 regole” del 1934, che vietavano la costruzione di nuove chiese vicino a scuole, canali, edifici governative ed aree residenziali. Un ostacolo che aveva impedito la costruzione ufficiale di chiese in molte zone del Paese.
Il pericolo fondamentalista
“Il problema non è del governo, ma della società”, ribadisce il vescovo di Minya. “Noi abbiamo una presenza molto forte dei fondamentalisti che sono riusciti a diffondere le loro idee, in particolare tra i giovani, e quindi le reazioni, le intimidazioni che ci sono, le aggressioni che si verificano contro un gruppo o una località o alcune famiglie cristiane sono casi isolati che si verificano sotto l’influenza di questa mentalità diffusa, ormai, nella provincia di Minya”.
Cristiani e musulmani uniti nel sociale
“Dobbiamo lavorare su questo”, spiega, “cambiare, modificare, aggiustare la mentalità che i musulmani integralisti sono riusciti a diffondere nella mentalità dei giovani. Quello è il lavoro: non è un problema di luoghi di culto o non so che altro. Infatti, quando noi – come Chiesa cattolica – lavoriamo soprattutto sul sociale, ci sono tanti dialoghi o tante attività che si fanno insieme, cristiani e musulmani; in questo ambito non troviamo nessun problema!
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