Evangelici e Valdesi accolgono i migranti della Sea Watch
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
L’Ue è pronta ad incontrare il governo italiano “per discutere di misure supplementari che possano essere prese per regolare il problema” di ricollocamenti al livello europeo dei migranti. La commissione europea, guidata da Dimitri Avramopoulos, apre al governo italiano dopo il raggiungimento, la notte scorsa, dell’accordo sul caso delle navi Sea Watch e Sea Eye, che prevede anche l’arrivo in Italia di alcune delle persone sbarcate a Malta dopo 19 giorni di navigazione e che verranno affidate alle Chiese Evangeliche e Valdesi.
Fcei: ha prevalso la logica di umanità e di accoglienza
“E’ la fine di un incubo” - commenta Paolo Naso Coordinatore del progetto Mediterranean Hope e coordinatore della commissione studi dialogo e integrazione della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei), raggiunto telefonicamente da Radio Vaticana Italia – un obiettivo che da giorni ritenevamo urgente”. A prevalere alla fine è stata una logica di umanità, di accoglienza e di tutela dei diritti umani, la questione sgradevole, a giudizio di Naso, resta la totale inazione europea, l’incapacità dell’Europa di darsi dei meccanismi e dei dispositivi di gestione di crisi di questo tipo. “Quindi - è la conclusione - bene chi anche nel governo italiano ha lavorato per sbloccare la situazione”.
La condizione è che non dovranno essere divise le famiglie
Una decina forse i migranti che arriveranno in Italia, il numero non è ancora stato precisato così come nulla si sa della loro provenienza. La disponibilità della Fcei è senza limiti, ma con una condizione: che non vengano divisi i nuclei familiari. Anche le strutture di accoglienza verranno scelte in base al profilo dei migranti. “Come Chiese evangeliche – conclude Naso – veniamo assieme alla Comunità di Sant’Egidio, da una lunga esperienza di accoglienza dei beneficiari di corridoi umanitari, per questo l’approccio non è solo quello dell’aiuto ma soprattutto quello che si struttura è un percorso di integrazione che porti le persone all’autonomia”. Per ciascuno quindi un progetto personale perché “crediamo nell’integrazione che fa bene agli immigrati ma che fa bene anche agli italiani”.
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