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Referendum a Mindanao, occasione per rafforzare il dialogo

“Possa l’esito di questo plebiscito aiutare a tracciare ulteriormente il cammino di dialogo”: è quanto ha affermato all’Osservatore Romano padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pontificio istituto missioni estere (Pime), in merito al referendum a Mindanao sulla ratifica della legge per la nuova “Regione autonoma di Bangsamoro”, a maggioranza islamica

Francesco Ricupero – Osservatore Romano

Due le date della consultazione popolare: la prima si è svolta il 21 gennaio, mentre la seconda, prevista per il 6 febbraio, vedrà i filippini di Mindanao esprimere il loro parere per ratificare la “Bangsamoro Organic Law” (Bol). Se venisse approvata, la legge delineerà il processo per la creazione di un territorio autonomo a Bangsamoro, dove attualmente vivono più di quattro milioni di persone, a maggioranza musulmana. Dopo molti tentativi falliti, questa potrebbe essere l’ultima occasione concreta per una pace giusta e durevole a Mindanao. Al riguardo, padre D’Ambra ricorda che la Chiesa cattolica, in particolare l’arcivescovo di Cotabato, cardinale Orlando B. Quevedo, numerosi vescovi, organizzazioni umanitarie cattoliche e operatori pastorali dell’isola meridionale «hanno espresso il loro sostegno a questo referendum che potrebbe risolvere e chiarire, in parte, le ingiustizie della storia». Si tratta di un provvedimento che crea nuove speranze per la convivenza interreligiosa. «Se dovesse vincere il sì — spiega il fondatore di “Silsilah” — l’esito potrebbe togliere terreno ai gruppi radicali islamici che cercano di creare tensioni. Ma noi non dobbiamo perdere di vista l’obiettivo principale, cioè costruire una convivenza armoniosa tra le diverse comunità di Mindanao», dove vivono tre gruppi sociali e religiosi principali: i cristiani, i musulmani (suddivisi in diversi gruppi etnici) e gli indigeni olumad, da secoli nel sud dell’arcipelago delle Filippine.

Cosa prevede la legge del Bangsamoro

La legge del Bangsamoro regolerà il funzionamento della nuova regione autonoma che sarà guidata da un primo ministro, e consentirà alla regione di mantenere una fetta delle entrate locali, di ricevere una parte delle entrate del governo centrale e di gestire le risorse naturali del territorio. E incorporerà anche la legge islamica nel sistema giudiziario della regione. Come contropartita in cambio dell’autonomia la legge richiederà al gruppo ribelle Moro Islamic Liberation Front (Milf) di sciogliere gradualmente il suo esercito di migliaia di soldati. I responsabili della Chiesa cattolica in Mindanao per la pace (Mcclp) hanno ribadito in numerose occasioni la loro posizione favorevole all’esito positivo del referendum e all’autonomia della regione che potrebbe porre rimedio a tre “ingiustizie storiche” contro la comunità islamica: la diminuzione del territorio ancestrale; la minaccia all’identità culturale e la perdita del governo politico. 

Speranze di pace

La legge deriva dall’accordo di pace del 2014, firmato dal governo e dal Milf. In quasi cinquant’anni, il conflitto ha causato oltre 120.000 vittime e circa due milioni di sfollati.
La Bol è «più di un semplice atto legislativo. È un accordo di pace — sostengono i leader cattolici — che coinvolge il futuro sviluppo di Mindanao e del resto del paese». Dello stesso avviso anche padre D’Ambra che, come il Mcclp, mette però in guardia i cittadini da potenziali ostacoli al processo. «Andiamoci cauti. Tutti auspichiamo che il referendum possa garantire un futuro di pace all’isola, ma non dobbiamo abbassare la guardia e puntare l’attenzione su alcuni leader islamici di opposizione che continuano ad avere una visione fondamentalista e credono che il processo di pace non sia utile».

Religione ponte per la riconciliazione

«Da parte nostra — scrivono dal Mcclpi — in qualità di leader religiosi dobbiamo concentrarci su un processo di pace orizzontale nel territorio, ovvero sul dialogo tra vita, azione e spiritualità tra cristiani e musulmani. Dobbiamo anche impegnarci per il dialogo interreligioso verso il rispetto e la comprensione reciproca, in modo da ridurre o eliminare i pregiudizi. La religione dovrebbe essere un ponte verso la riconciliazione, non un muro che divide». 

Movimento “Silsilah”

È su questi binari che si muove il movimento “Silsilah” di padre D’Ambra che in 35 anni ha cercato con numerose iniziative di promuovere la pace e l’armonia religiosa. «Quest’anno — aggiunge il missionario del Pime — il nostro motto è “Silsilah: segno di speranza tra conflitto e divisione” e su questo continueremo a promuovere incontri e dibattiti per cercare il più possibile di avvicinare le due anime religiose». E il referendum pare stia favorendo questo avvicinamento, dal momento che «i musulmani di Mindanao — sottolinea padre D’Ambra — hanno accolto con favore il sostegno dei cattolici alla legge. È un segnale che invoglia a impegnarci ancora di più puntando soprattutto sulle nuove generazioni. La Chiesa nelle Filippine ha da poco proclamato il 2019 come “Anno dei Giovani” ed è su di loro che dobbiamo puntare per far sì che non si ripetano più episodi come quello di un anno e mezzo fa a Marawi». La città, come si ricorda, fu occupata dai jihadisti del sedicente stato islamico e successivamente rasa al suolo, dopo un assedio di circa tre mesi da parte dei militari e con lo sfollamento di trecentomila persone. «Purtroppo, quella è stata e rimarrà una pagina buia della nostra storia — conclude il segretario esecutivo della Commissione per il dialogo interreligioso — ma noi dobbiamo avere fiducia e lavorare tutti insieme perché sono convinto che il dialogo e l’armonia religiosa sono possibili anche a Mindanao».

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23 gennaio 2019, 13:12