Giornata dell'Educazione. Mons. Zani: se manca non c’è futuro
Marco Guerra – Città del Vaticano
Si celebra oggi la prima Giornata internazionale dell’Educazione, proclamata dalle Nazioni Unite e voluta in particolare dall’Unesco per sensibilizzare i governi e i popoli riguardo al tema dell’accesso all’istruzione per i bambini, come strumento per uscire dalla povertà.
Impegno per un'educazione inclusiva e di qualità
Per l’occasione l’Onu ricorda infatti che circa 265 milioni di bambini e adolescenti in tutto il mondo non hanno la possibilità di accedere o di completare la scuola. Più di un quinto di essi sono in età della scuola primaria. Con questa giornata si riconosce quindi l’importanza di lavorare per garantire un'istruzione inclusiva, equa e di qualità a tutti i livelli, “in modo – si legge sul sito dell’Onu - che tutte le persone possano avere accesso a opportunità di apprendimento permanente, che li aiutino ad acquisire le conoscenze e le competenze necessarie per accedere alle opportunità di partecipare pienamente alla società e contribuire allo sviluppo sostenibile”. Gli ostacoli all’accesso all’istruzione sono rappresentati dalla povertà, dai conflitti armati, dalle migrazioni e dagli effetti del cambiamento climatico.
Papa: educazione libera da colonizzazioni ideologiche
La nuova Giornata internazionale dell’Educazione è stata salutata positivamente da Papa Francesco nel dopo Angelus della scorsa domenica. Francesco ha incoraggiato lo sforzo dell’Unesco per far crescere nel mondo la pace mediante l’educazione ed ha auspicato che questa sia “resa accessibile a tutti e che sia integrale e, libera da colonizzazioni ideologiche”.
Delle nuove sfide e nuovi scenari dell’impegno educativo parla a VaticanNews mons. Angelo Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione cattolica:
R. – Esiste già la Giornata degli studenti e la Giornata dei docenti però la Giornata dell’Educazione, intesa come impegno globale, investire nell’educazione per risolvere i problemi della società attuale del futuro, mi sembra veramente una scelta intelligente. Una giornata come questa si colloca in uno scenario mondiale che è caratterizzato da tantissime problematiche, soprattutto di tensioni a livello di culture, di popoli, a livello di fusione di tecnologie che stanno cambiando profondamente i processi educativi. Per poter aiutare i giovani ad affrontare le sfide, veramente, l’educazione è una scommessa che va assunta.
Abbandono scolastico e lotta all’analfabetismo sono ancora sfide educative importanti. Anche il Papa nell’ultimo Angelus ha chiesto che l’educazione sia resa accessibile a tutti. Qual è la situazione?
R. – I grandi piani fatti negli anni passati per sconfiggere l’analfabetismo hanno portato dei buoni risultati però mentre si sconfiggono questi problemi ne emergono altri. Una delle grandi questioni di oggi è quella dei rifugiati, che sono milioni e milioni ormai nel mondo, e tra i rifugiati le vittime più colpite sono soprattutto i bambini che non hanno più possibilità di continuare il loro iter formativo. Quindi è davvero uno scenario di grande crisi. Con questi scenari l’educazione deve fare i conti.
Quindi l’educazione può aiutare anche la cultura dell’incontro…
R. – Quando si parla di educazione vengono in mente tanti passaggi che troviamo nel ministero di Papa Francesco, non ultimo nella Laudato si’, quando afferma che l’educazione sarà inefficace, i suoi sforzi saranno sterili se non ci si preoccupa anche di diffondere un nuovo modello riguardo a tanti valori, all’essere umano prima di tutto, alla vita, alla società, alla relazione. Ripeto, quando noi tocchiamo il tema della relazione, tocchiamo un punto cruciale della vita della persona e della vita della cultura di un Paese. In questo senso i Paesi che non investono sull’educazione non guardano al futuro.
Sempre all’Angelus Papa Francesco ha parlato di un’educazione che sia integrale e libera da colonizzazioni ideologiche…
R. – Esattamente. Quando io domenica ho sentito l’Angelus del Santo Padre, immediatamente la mia mente è andata alla Populorum progressio, all’enciclica di Papa Paolo VI in cui diceva tre cose molto forti che mi sembra di ritrovare sia nel magistero di Papa benedetto come anche di Papa Francesco. Diceva: oggi soffriamo una grande mancanza di pensiero. E’ un pensare banale, superficiale, il nostro. Siamo nella cultura della post-verità, per cui ogni convinzione è uguale a un’altra contraria. La seconda cosa molto forte, parlava dell’umanesimo: non c’è un vero umanesimo se non è aperto all’ascendenza. Non si riesce a educare pienamente una persona se non si mette a confronto con l’assoluto, il trascendente. E la terza indicazione che diceva Papa Paolo VI: noi soffriamo di una grande mancanza di fraternità.
E’ importante, anche per il compito che deve svolgere la scuola, un’alleanza con le famiglie…
R. – Il primo luogo dell’educazione è la famiglia. I primi passi per uscire da se stessi per apprendere lo stile, i valori, un’etica, comportamenti e così via, sono in famiglia. Si vede molto spesso quando si lavora nelle scuole, nelle università che i ragazzi, che non hanno dietro una famiglia solida sono quelli che soffrono i più. Dunque quello che sempre si è detto sia a livello di normative internazionale come pure da parte della Chiesa, del magistero della Chiesa, è fondamentale, perché bisogna creare una sinergia tra le diverse agenzie educative. La prima è la famiglia e poi la scuola. La scuola non può sostituirsi alla famiglia e la famiglia ha bisogno della scuola.
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