Dammacco: decisivo il ruolo delle religioni per economia e mercato
Massimiliano Menichetti - Città del Vaticano
“Il mercato e l’impresa sono luoghi e soggetti fondamentali” del sistema Economico che stanno attraversando “un lento e difficile cambiamento”, condizionato da un’economia il cui lo “spirito” non è sempre chiaro. Parte da questo assunto l’ultimo libro del prof. Gaetano Dammacco: “Fattore religioso, mercato e impresa”, edito da Cacucci. Cento pagine in cui l’autore esorta le religioni ad essere attori di cambiamento nel mondo dell’economia.
Un libro che parla di regole di mercato e religioni, in cui primeggiano parole come “uomo”, “rispetto”, “dignità”. A chi si rivolge questo testo?
Prima di tutto agli studenti universitari, ma anche a quegli imprenditori che non sono stati travolti dalla “secolarizzazione del mercato”. La ricchezza che è stata seminata nel corso dei secoli dalla sfida evangelica e dalle regole delle altre religioni è così grande che permane ancora oggi, ed è seme per il futuro.
Il messaggio che emerge oggi sembra puntare esclusivamente al profitto o sui danni di un certo tipo di economia e finanza…
Quello che non appare, o è poco conosciuto, sono le alternative, e il tentativo di utilizzare le regole religiose per gli obiettivi di profitto del mercato, dell’impresa.
Economia, finanza, e religione: come si legano insieme?
Si legano insieme perché c’è l’uomo che ne è il produttore e il beneficiario. Un’economia che non abbia un riferimento all’uomo e al suo modo di organizzare la vita, e la sua vita in comunità, non esiste. Il problema è quindi: quali sono le regole che devono essere osservate per garantire la produttività dei processi economici? La sfida è consentire alle religioni di tornare a disciplinare eticamente, moralmente, il mercato.
Bisogna capire chi è il soggetto che poi deve richiamare questi principi ed attuarli…
Certo, occorre prima di tutto ridare vita ai consessi internazionali, perché i consessi internazionali definiscono le regole dell’economia. Non esiste un mercato, per piccolo o grande che sia, che autoproduce le regole. Questa è una grande mistificazione: far credere che tu sei protagonista di qualcosa. Non è assolutamente vero. La provocazione grande è che le religioni devono prendere consapevolezza che il mondo, il futuro, richiede un loro protagonismo. Per quanto riguarda noi cattolici, noi cristiani, questo è il target evangelico: Gesù ci ha sempre detto questo, qualche volta ce ne siamo dimenticati. Essere protagonisti nel mondo dell’economia, della politica, significa recuperare le regole che ci sono state date.
Questo come si trasforma in un’esperienza? Come si muove un’impresa o come si fa un investimento? Come si rispetta l’altro?
Concretamente, significa costruire rapporti interni all’impresa riscoprendo il ruolo dell’imprenditore che ha il compito di rispondere a qualcun altro. Insieme con altri. Quindi non speculare, ma costruire. Il mercato è un po’ più complesso: dobbiamo avere il coraggio, come dice il Papa, di fare selezione tra le regole.
Nel testo sostiene: “Le religioni – quindi in senso ampio – possono tutte contribuire ad una visione che non è finalizzata solamente al profitto…”
Le religioni hanno un messaggio di pace alla base, hanno tutte un messaggio di emancipazione dell’uomo. Se le religioni si impegnano per costruire percorsi civili e sociali di emancipazione, e se lo fanno insieme, non c’ dubbio che le regole possono cambiare.
Lo ribadiamo: l’estremismo è una distorsione della religione…
Non c’è dubbio: l’estremismo non è una religione. La religione è di per sé uno spazio che non contempla estremi, perché contempla un solo punto di riferimento: l’assoluto. E quindi è evidente che gli estremismi non hanno niente a che fare con la religione. Non sono religione: bisogna dirlo chiaramente.
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