Convegno a Roma: “Con l’azzardo non si gioca”
“La proliferazione dell’offerta di gioco d’azzardo è un’emergenza educativa di questi anni”: lo sostiene suor Pina Del Core, preside della Pontificia Facoltà di Scienze dell’educazione Auxilium, aprendo ieri all’interno dell’ateneo romano, un convegno dal titolo “Con l’azzardo non si gioca”. Per la religiosa “Siamo di fronte a una sfida, che ha assunto i connotati di una società che ruota intorno alla necessità di ampliare le emozioni attraverso i consumi e in cui il valore centrale è il denaro e l’allodola del guadagno facile”. “In Italia – osserva suor Del Core - si moltiplicano i tentativi di contrastare l’azzardo, però riteniamo necessario approfondire studi, servizi e pratiche di intervento che considerino molteplici fattori, a partire dal contesto ambientale e strutturale. È inoltre necessaria un’informazione qualificata, insieme a interventi di prevenzione e cura che partano da scuole e università. E conclude: “I problemi sono anche politici. Però a livello pedagogico possiamo ‘giocare’ un ruolo perché il gioco dell’azzardo non crei ulteriori danni”.
In Italia nel 2018 spesi 107 miliardi di euro. Le responsabilità dello Stato
Nel suo intervento don Benoni Ambarus, direttore della Caritas di Roma, afferma che nel 2003, i Monopoli di Stato diventano un’agenzia per produrre profitto: “L’azzardo ne diviene strumento, ma oggi lo Stato spende per curare i dipendenti dall’azzardo più di quanto guadagna dal gioco” rileva il direttore della Caritas di Roma, che racconta l’esperienza di vittime. “Dai 28 miliardi spesi in Italia nel 2005 per l’azzardo, nel 2018 sono 107, 1900 euro a testa”. Di fronte a numeri e drammi, la società civile inizia a sensibilizzarsi, “la politica meno: il decreto dignità ha posto il divieto della pubblicità in tv, ma c’è una moratoria di un anno dall’entrata in vigore della legge e c’è stata una corsa ai contratti pubblicitari. La legge di bilancio 2019 posticipa di un anno la dismissione delle slot machines ed è stata inoltre ridotta la percentuale di guadagno per chi gioca”.
Intervenire sull’educazione dei giovani
Presentando diverse teorie scientifiche, lo psicoterapeuta Umberto Nizzoli evidenzia come “ci sono molti elementi in comune tra le diverse forme di dipendenza e le persone vanno trattate dagli specialisti in maniera analoga e senza giudicare”. In generale, “non si può vivere senza azzardare, perché non abbiamo il controllo di tutto nella vita. Non per questo bisogna giocare del denaro per azzardare – osserva Nizzoli – Bisogna intervenire sull’educazione dei giovani, coinvolgendo la famiglia, la scuola, senza dimenticare il percorso di cura e di prossimità nei confronti delle famiglie di chi è coinvolto nel gioco” conclude.
Il sostegno alle famiglie delle persone dipendenti dal gioco d’azzrdo
Angela Sardo, del centro di accoglienza “Terra promessa” dell’associazione “Casa famiglia Rosetta” di Caltanissetta, sostiene che la famiglia è al centro del trattamento: ognuna ha una storia importante, però sono intervenuti fattori di crisi. Solo dalla famiglia e dalla relazionalità può partire la riabilitazione. Il familiare, che sia ‘co-dipentente’ o ‘vittima’, è chiamato a rispondere allo tsunami che si è abbattuto sulla propria casa”. Il cambiamento proposto all’intera famiglia “ha bisogno di alleati, per sostenere le possibili ricadute nella dipendenza”. Infine, è fondamentale una protezione economica della famiglia, con l’aiuto di un consulente finanziario. “In Italia la legge ‘salva-suicidi’ del 2012 e quella dell’amministratore di sostegno del 2004 sono le possibilità più attente per la ricostruzione di un piano esistenziale per chi ha devastato il patrimonio di famiglia”, conclude Sardo.
Recupero del giocatore parte dal perdono e dalla riscoperta di sè
“Il giocatore patologico è un ‘bugiardo patologico’, sempre alla ricerca del rischio” ha affermato nel suo intervento Antonio Urriani, educatore all’interno della comunità “Terra promessa”. A livello numerico, “i giocatori d’azzardo patologici, che hanno bisogno di cure in strutture protette e mettono a rischio la propria vita e la salute della propria famiglia, nella città di Roma sono lo 0,2% della popolazione (quindi circa 4mila persone) e spendono per videolottery e slot 965 euro pro-capite e dunque oltre 2 miliardi e 700 milioni di euro usati per giocare”. Il piano terapeutico dell’associazione si concentra su un approccio di gruppo, “basato sull’incontro tra persone che tendenzialmente non riconoscono il proprio problema” spiega Urriani. Un ruolo particolare, nel percorso affianco al giocatore, è svolto dal ‘tutor’, di solito un familiare: “Il suo è un compito difficile, ma si basa sul perdono, obiettivo legato al recupero del ‘noi’ a livello familiare e alla riscoperta della persona”. (Agenzia Sir)
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui