È morto Cesare Sacerdoti: salvato dalle suore durante la Shoah
Roberto Piermarini - Città del Vaticano
Cesare Sacerdoti – che si è spento a Londra domenica scorsa - aveva raccontato, negli anni scorsi, di quando con il fratello Vittorio e la madre Marcella furono accolti da madre Maria Agnese Tribbioli nel convento di via de' Serragli: era il 6 novembre 1943, e vi restarono fino al 27 novembre. Ricordi tenuti per sé per circa 60 anni, fino all'incontro con tre delle suore - suor Grazia, suor Caterina e suor Gennarina - che li avevano aiutati in quel momento difficile. "Colossi di moralità": così Sacerdoti definiva madre Maria Agnese, il cardinale Dalla Costa, il suo segretario mons. Giacomo Meneghello e molte altre figure che hanno rischiato la vita per proteggere e salvare moltissimi ebrei perseguitati in quegli anni, e che lui ha contribuito a far iscrivere in Israele, nell'elenco dei “Giusti fra le Nazioni”.
Il coraggio del card. Dalla Costa e di mons. Meneghello
La retata al Tempio di via Farini a Firenze - il 6 novembre '43 - determinò l'inizio della caccia a tutti gli ebrei: non più solo quelli stranieri, ma anche gli italiani. Mons. Meneghello e il cardinale Dalla Costa trovarono per i due fratelli Sacerdoti - di 2 e 5 anni - e la loro madre, un rifugio nel convento di suor Maria Agnese, e per il padre, nel convitto ecclesiastico di San Leonardo prima, e poi nella casa di mons. Capretti.
La determinazione di madre Agnese Tribbioli
«Madre Maria Agnese era piccola anche per un bambino di 5 anni - ricorda Cesare - ma era un gigante spirituale. Salvò non solo noi ma molte altre madri con bambini, e disse alle consorelle che eravamo tutti sfollati, vittime della guerra, tenendo segreta la nostra identità ebrea: in questo modo si prese tutta la responsabilità e protesse le altre suore da un'eventuale retata nazista. Ricordo che per proteggere le consorelle, giustificava noi bambini ebrei che in chiesa non ci segnavamo, dicendo che eravamo sconvolti dalle tragedie della guerra. Ed era ancor di più determinata quando si trattava di salvare la vita a chi in quel momento era più debole, le persone ebree che nascondeva. L'esempio più grande – ricorda Cesare - è la prontezza avuta dalla Superiora durante la retata delle SS, dicendo all'ufficiale nazista non solo che nel convento c'erano esclusivamente figli di Dio, ma che anche lui lo era e che Gesù era morto anche per lui e a queste parole l'ufficiale batté i tacchi in saluto militare e lasciò il convento con i suoi uomini”.
Grazie alla Chiesa fiorentina in quei giorni furono salvati 400 ebrei
Cesare Sacerdoti, nel segnalare al memoriale dello Yad Vashem il nome di mons. Meneghello, ha raccontato la vicenda di quei giorni, in cui fu nascosto insieme al fratello Vittorio prima dalle suore Pie Operaie di San Giuseppe, in via dei Serragli, e poi in un orfanotrofio dell'Opera Madonnina del Grappa a Montecatini. «Mio padre - ha ricordato - rimase sempre in amicizia con mons. Meneghello, e ogni volta mi diceva: se siamo vivi lo dobbiamo a lui. E insieme a noi furono salvati in quei mesi tanti altri ebrei, circa 400».
La sua attiva collaborazione con l’Archivio diocesano di Firenze
Cesare Sacerdoti lascia la moglie Judith e i figli Simon, Alexandra, Daniel e Jonathan. Nelle sue ricerche sugli anni della persecuzione e delle deportazioni degli ebrei, Cesare Sacerdoti aveva collaborato strettamente con l'Archivio diocesano di Firenze. Dall'Archivio lo ricordano così: "Con grande tristezza abbiamo accolto la notizia che la mattina di domenica 3 marzo Cesare Sacerdoti si è spento in pace e serenità nella sua casa di Londra, circondato dall'amore della sua famiglia. Vittima dell'atrocità delle leggi razziali e della persecuzione agli ebrei nonché testimone diretto dell'opera di assistenza del cardinale Dalla Costa, ricordiamo il suo impegno per il riconoscimento dei Giusti fra le Nazioni della Città di Firenze e la sua infinita gratitudine alla Chiesa fiorentina”.
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