Sud Sudan: ex bambini soldato tornano nelle loro comunità
Camillo Barone – Città del Vaticano
Nel conflitto in Sud Sudan migliaia di bambini sono stati utilizzati come soldati. Tutti tra i 15 e i 17 anni o anche meno, un terzo sono ragazze. La maggior parte di loro sono stati rapiti nel tragitto tra casa e scuola e col tempo costretti ad imbracciare le armi e combattere al servizio delle bande armate, sotto ogni tipo di sfruttamento e sopruso. Da febbraio 2018, un’équipe di Medici Senza Frontiere (Msf) lavora insieme ad altre organizzazioni a Yambio, nella provincia dell’Equatoria Occidentale, per aiutare questi bambini a reinserirsi nelle loro comunità. Fino ad oggi nella città di Yambio sono stati salvati 983 bambini, 3.100 in tutto il Paese. L’équipe di Medici Senza Frontiere, composta da medici e psicologi esperti, da un anno ormai opera per trattare i numeri casi di abusi sessuali e violenze di ogni genere, con l’aiuto di altri assistenti che si occupano del ricongiungimento familiare dei giovani.
Presidente MSF Italia: importante dare nuova speranza
“Il Sud Sudan è un Paese complesso, vive il problema dei cambiamenti climatici e le condizioni di una guerra che ha distrutto il sistema scolastico nazionale”: commenta ai microfoni di Radio Vaticana Italia Claudia Lodesani, presidente di Medici Senza Frontiere Italia. Lodesani ricorda anche come può essere forte la tentazione del richiamo a tornare a far parte dei gruppi armati, dato che i ragazzi spesso non hanno valide alternative alle armi. I problemi legati a una vita così pericolosa sono numerosi: “le condizioni sono quelle dell’abbandono e della totale solitudine, perché è automatico che possano cadere nella tossicodipendenza e nell’alcolismo”, spiega Lodesani. In questo anno di campagna di reinserimento sociale, tuttavia, “l’affluenza dei ragazzi è stata alta e i risultati sono soddisfacenti”.
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