La Pasqua di Resurrezione nei versi dei poeti italiani
Eugenio Murrali - Città del Vaticano
Dalla religiosità profonda dell'autore dei "Promessi sposi" alla mistica carnale di Alda Merini, solo per restare ai secoli a noi più vicini, la Pasqua di Resurrezione fa nascere versi, metafore e immagini, permette al canto dei poeti di fiorire. "Nel signor chi si confida/ col Signor risorgerà" concludeva Alessandro Manzoni "La Risurrezione" - uno degli Inni Sacri del 1812 - con la sua devozione convinta, esortativa. La sua spiritualità resta un "punto di riferimento anche per molti poeti del Novecento", spiega Alessandra Giappi, italianista che molto si è occupata di poesia ispirata dal tema religioso e si è soffermata sul tema della Pasqua in un articolo intitolato "Passione e Resurrezione di Cristo nella poesia contemporanea".
"La pasqua dei poveri" di Carlo Betocchi
Clemente Rebora, Giovanni Raboni, Margherita Guidacci, David Maria Turoldo, Fausto Maria Martini, Giovanni Raboni e Giovanni Testori, tanti sono i nomi che si potrebbero menzionare, le voci dei poeti toccati dal desiderio di comprendere e cantare la Passione e la Resurrezione di Gesù.
Rebora, scrittore e religioso, nei "Canti dell'infermità", accosta la sofferenza della sua malattia a quella del Christus Patiens e nel suo tormento umano, in una lirica del 1956, cerca di scrutare e capire "l'incomprensibile amore del Padre".
Il poeta Carlo Betocchi raggiunge vette altissime nella "Pasqua dei poveri", in cui la luce del Cristo accende le vite degli indigenti, illumina il grigiore:
Forse per noi, che non abbiam che pane,
forse più bella è la tua Santa Pasqua,
o Gesù nostro [...]
e conclude
a noi la pace che verrà operosa
già dentro il cuore e sulla mano sta,
che ti prepara, o Pasqua, e che non ha
che il solo pane per farti festosa.
La ricchezza di questi poveri è lo splendore del Sabato Santo.
Il "Mattutino del venerdì santo" di Cristina Campo
Più dolorose le visioni di Andrea Zanzotto in "Elegia pasquale" - concepita negli anni della Seconda Guerra mondiale - di Leonardo Sinisgalli in "Pasqua 1952" - "Ci è toccata questa valle, questa valle/abbiamo scelta per tornarci a morire./Dove Gesù risorgerà con molta pena" - o di Giorgio Caproni in "Pasqua di Resurrezione" (1986). Mentre Cristina Campo alza un canto elevatissimo in "Ràdonitza (annuncio della Pasqua ai morti)", dove la Risurrezione è avvicinata alla primavera:
[...]
Pasqua d'incorruzione!
Nel vento di primavera
l'antica chiesa indivisa
annuncia ai morti che indivisa è la vita:
su lapidi d'ipogei
posa i sepali che ancora tremano
e al centro, al plesso, al cuore,
là dove è sepolto il Sole,
là dove è sepolto il Dono,
il piccolo uovo cremisi del perenne tornare,
dell'umile, irriconoscibile
trasmutato tornare.
Pasqua che sciogli ogni pena!
Margherita Guidacci: "Signore, tu puoi crearci di nuovo"
La poetessa fiorentina Margherita Guidacci tornò in più occasioni sul tema della Pasqua di Cristo. Così si chiudeva una sua lirica, "Resurrezione", pubblicata nel 1999:
[...]
il Signore s'innalza dalla tomba
e s'aprono le tenebre
davanti a Lui come un tempo le onde
del Mar Rosso davanti ad Israele.
Il suo canto si fa accorato in "Echi Finali", dove intravede nella Resurrezione una nuova nascita dell'umanità:
[...]
Chi ci darà coraggio? Dov'è la nostra speranza?
Alto si leva il lamento sopra le nostre vie.
Patria dell'uomo è l'uomo e noi siamo tutti in esilio.
Ma tu ci hai creati una volta, Signore, tu puoi crearci di nuovo.
Spezza il cuore di pietra, dacci un cuore di carne.
Mario Luzi e la "Via Crucis"
Rimasta nella storia è "La Passione" che Mario Luzi scrisse per la Via Crucis del 1999, su richiesta di Giovanni Paolo II. Osserva Alessandra Giappi: "Luzi concepisce una Via Crucis del tutto nuova: in forma di recitativo, è un lungo monologo di Gesù che parla in prima persona, da uomo, rivolgendosi al Padre che è Dio". Un canto altissimo al Divino e all'umano, che si concludeva con la luce proprompente del Redentore:
Dal sepolcro la vita è deflagrata.
La morte ha perduto il duro agone.
Comincia un’era nuova: l’uomo riconciliato nella nuova
alleanza sancita dal tuo sangue
ha dinanzi a sé la via.
Difficile tenersi in quel cammino.
La porta del tuo regno è stretta.
Ora sì, o Redentore, che abbiamo bisogno del tuo aiuto,
ora sì che invochiamo il tuo soccorso,
tu, guida e presidio, non ce lo negare.
L’offesa del mondo è stata immane.
Infinitamente più grande è stato il tuo amore.
Noi con amore ti chiediamo amore.
Amen.
Alda Merini e la parola che salva
La Pasqua è presente nei versi di molte scrittrici, si pensi alla tensione semplice e sincera di Ada Negri: "Aprite! Cristo è risorto e germinano le vite/ nuove e ritorna con l'april l'amore. /Amatevi tra voi pei dolci e belli/ sogni ch'oggi fioriscon sulla terra,/ uomini della penna e della guerra,/ uomini della vanga e dei martelli". Non c'è dubbio, però, che Alda Merini compose tra le poesie più belle sulla Redenzione, perché portava Gesù dentro le ferite della sua vita e lo cantava nelle sue liriche di carnale e appassionata spiritualità. Gesù sulla Croce era specchio della sua umanità piagata, Nel "Cantico dei Vangeli" la poetessa milanese scriveva:
Fuggirò da questo sepolcro
come un angelo calpestato a morte dal sogno,
ma io troverò la frontiera della mia parola.
Addio crocifissione,
in me non c’è mai stato niente:
sono soltanto un uomo risorto.
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