Libia: si combatte vicino ad un centro di detenzione di migranti
Luca Collodi - Città del Vaticano
Tripoli può finire sotto il controllo dell'autoproclamato Esercito nazionale libico del generale Haftar nelle prossime due-tre settimane. Lo ha sostenuto il direttore dell'ufficio del comando generale dell'Lna, il generale di brigata Khairi al-Tamimi. Riferendosi alla collaborazione tra Haftar e la Russia, il generale ha evidenziato che quando Tripoli sarà conquistata si guarda "ad una grande cooperazione militare. Per il momento collaboriamo nella sfera dell'intelligence e nella lotta contro il terrorismo". "La nostra guerra contro Khalifa Haftar non è una guerra tra est e ovest della Libia". Lo ha ribadito il capo di Stato Maggiore del Consiglio presidenziale libico di Serraj, il generale Mohammed Al-Sharif, per il quale questa è una guerra "contro un dittatore, Haftar, che cerca di prendere il potere con la forza in Libia". “E' una guerra di valori: difendere la democrazia contro l'instaurazione di un regime militare. E non capiamo il silenzio dell’Occidente”.
L’Italia chieda il cessate il fuoco
“Incoraggiamo l'Italia e tutti gli Stati membri dell'Onu a spingere per il cessate il fuoco e il ritorno al dialogo. Occorre l'impegno collettivo a porre fine a questo conflitto egoista e inutile. Se invece la situazione dovesse deteriorarsi in modo significativo, a pagarne le conseguenze, oltre al popolo libico, sarebbero settori e interessi molto più ampi". Lo afferma Ghassan Salamé, inviato speciale dell'Onu per la Libia oggi in Italia, alla Farnesina:”Il dialogo - dice - è l’unica strada possibile per evitare la catastrofe". Sulla situazione del Paese a Radio vaticana Italia interviene Paolo Sensini, storico, saggista, esperto di Libia.
"La situazione è confusa specie a sud di Tripoli - commenta Sensini- con l'entrata in campo anche di droni usati da Haftar ed è una confusione in cui trovare il bandolo della matassa, oggi, dopo anni di conflitto e dopo una situazione incancrenita, è quasi impossibile". L'Onu avrebbe sottovalutato, secondo lo storico, la guerra libica sin dalla sua origine a seguito dell'attacco francese e della caduta di Gheddafi: "Da allora in poi, in modo continuativo e totale, il paese è diventato instabile". Nelle parole di Sensini anche il ruolo di Fāyez Muṣṭafā al-Sarrāj e la sua solituduine attuale. "Se non fosse per Misurata, la Sparta libica, sarebbe già capitolato con tutte le sue truppe". Infine la questione della richiesta all'Italia da parte dell'Onu di un cessate il fuoco: "l'Italia - spiega Sensini - ha interessi maggiori a chiederlo, interessi petroliferi e energetici ma sopratutto interessi legati all'incognita migrazioni". Infine nell'analisi di Sensini uno sguardo al ruolo dei jihadisti nella guerra in corso e la loro presenza nei due fronti in campo.
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