Italia. Cassazione: no a trascrizione all’anagrafe da utero in affitto
In Italia, le coppie omosessuali che hanno ottenuto un figlio all’estero attraverso la pratica dell’utero in affitto non potranno chiedere la trascrizione all’anagrafe dell’atto di filiazione del bambino certificato nel Paese straniero. Lo ha deciso una sentenza della Corte di Cassazione pubblicata oggi che afferma: “Non può essere trascritto nei registri dello stato civile italiano il provvedimento di un giudice straniero con cui è stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all'estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed un soggetto che non abbia con lo stesso alcun rapporto biologico”, il cosiddetto “genitore d'intenzione”.
La Cassazione ha rigettato la domanda di riconoscimento dell'efficacia di un provvedimento della Corte d’Appello di Trento “riguardante due minori concepiti da uno dei componenti di una coppia omosessuale mediante il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, con la collaborazione di due donne, una delle quali aveva messo a disposizione gli ovociti, mentre l'altra aveva provveduto alla gestazione”.
La Cassazione ha ritenuto che il riconoscimento del rapporto di filiazione con l'altro componente della coppia si ponesse in contrasto con la legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita che vieta la surrogazione di maternità, il cosiddetto utero in affitto, “ravvisando in tale disposizione un principio di ordine pubblico, posto a tutela della dignità della gestante e dell'istituto dell'adozione”. La legge 40 stabilisce che alle tecniche di procreazione assistita possano accedere “coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi”.
La sentenza precisa “che i valori tutelati dal predetto divieto, ritenuti dal legislatore prevalenti sull'interesse del minore, non escludono la possibilità di attribuire rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l'adozione in casi particolari” prevista dall'art. 44 della legge n. 184 del 1983. Si tratta di casi che tuttavia non eliminano i rapporti con la famiglia di origine, ma si fondano sul consenso tra le parti creando solo uno status personale tra adottante e adottato.
Le reazioni
“È una sentenza decisiva. Le donne non sono incubatrici e i bambini non sono merce. Finalmente i giudici hanno detto un no chiaro e netto alla vergognosa trascrizione all’anagrafe degli atti di filiazione di bambini comprati all’estero tramite utero in affitto. Il verdetto su un caso che proveniva dalla Corte d'appello di Trento e definito 'a tutela della gestante e dell'istituto dell'adozione' dà ragione alle nostre battaglie e ci dice che non sono vane oltre che rispettose della legalità e della ragione”: è quanto hanno dichiarato Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vicepresidente del Congresso Mondiale delle Famiglie e di Pro Vita & Famiglia, che aggiungono: “Preoccupa tuttavia la porta lasciata aperta dalla Cassazione che ha sottolineato che per le coppie omosessuali esiste comunque la strada ‘dell’adozione particolare’. Non cesseremo di combattere per il diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà”.
“La Cassazione ha posto uno storico argine contro il riconoscimento in Italia di pratiche di utero in affitto sfruttate all’estero, stabilendo che il divieto sancito dalla Legge 40 è più forte delle rivendicazioni delle lobby Lgbt”. Lo afferma in una nota Filippo Savarese, direttore della Fondazione CitizenGO Italia. “Adesso - aggiunge - i Sindaci che hanno trascritto nei loro registri comunali atti di nascita stranieri di bambini avuti con l’utero in affitto devono adeguarsi al principio e cancellare queste trascrizioni illegittime, mentre chiediamo urgentemente al Governo di promuovere una moratoria internazionale contro questa pratica barbara e inumana e al Parlamento di incardinare una Legge che renda l’utero in affitto reato universale”.
"La sentenza della Cassazione mette fine una volta per tutte alla pratica illegale di trascrivere automaticamente all'anagrafe bambini nati all'estero con l'utero in affitto, una pratica severamente vietata in Italia, permessa oramai soltanto da 18 paesi nel mondo, condannata dagli organismi internazionali perché assimilata alla schiavitù e alla compravendita di esseri umani”: è quanto ha affermato Mara Carfagna, vicepresidente della Camera e deputata di Forza Italia. “Ci auguriamo altresì - ha aggiunto - che d'ora in poi la magistratura rispetti e applichi fino in fondo la legge 40, che punisce chi, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità, e quindi chi dall'estero viene a cercare clienti per l'utero in affitto in Italia, chi si fa tramite per questa pratica illecita e chi la favorisce".
Secondo lo studio legale Schuster di Trento, “da una parte questa sentenza mette finalmente fine al dibattito, che ancora languiva in tali tribunali minorili, sull'utilizzabilità dell'art. 44 per le adozioni nelle coppie conviventi, anche dello stesso sesso. Dall'altra, il comunicato della Cassazione 'neutralizza' la questione parificando il caso del secondo padre a quello della madre intenzionale, parlando genericamente di 'genitore intenzionale'. Questo è senz'altro positivo, perché dimostra che la difficoltà giuridica non dipendeva dal fatto che si trattasse di una coppia gay. Il problema, correttamente, è stato inquadrato prescindendo da sesso e orientamento sessuale".
"Questa sentenza - ha detto Fabrizio Marrazzo, portavoce Gay Center - fa emergere una forte discriminazione dell'attuale normativa che non consente alle coppie lesbiche e gay di adottare” a differenza di quanto avviene in altri Paesi.
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