Genova: nave saudita che trasporta armi boicottata dai portuali
Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Il timore che le armi trasportate possano essere utilizzate nella guerra in corso in Yemen e il dubbio che nelle operazioni di carico e scarico previste a Genova per la Bahri Yambu ci sarebbe anche un generatore da utilizzare per scopi bellici, sono i motivi alla base della protesta dei lavoratori portuali e di associazioni e cittadini a Genova. Proteste per la nave saudita ci sono state nei giorni scorsi anche in Francia, al porto di le Havre.
Gli interventi del Papa contro la vendita delle armi
Papa Francesco si è espresso più volte contro la vendita delle armi, sottolineando la tragedia della guerra. “Chi vende armi non può parlare di pace” ha detto il Pontefice alla tv “La Sexta”, lo scorso 10 aprile. Anche nel discorso a studenti e docenti del Collegio San Carlo di Milano, ricevuti in udienza nel 150.mo di fondazione, il Papa ha ribadito: “sulla coscienza di un popolo che fabbrica le armi e le vende c’è la morte di ogni bambino, di ogni persona, c’è la distruzione delle famiglie”.
Lo sciopero dei portuali
Il collettivo autonomo lavoratori portuali ha raggiunto il terminal e bloccato l'ingresso degli ormeggiatori del porto, che sono stati fatti passare via mare. Contestualmente allo sciopero, un presidio indetto dalla Filt Cgil e cui hanno aderito diverse associazioni cittadine si svolge da stamani a ponte Etiopia. "Vogliamo segnalare all'opinione pubblica nazionale e non solo che, come hanno già fatto altri portuali in Europa, non diventeremo complici di quello che sta succedendo in Yemen" hanno scritto in un comunicato i segretari Filt Ascheri e Poggi. E’ in corso anche un incontro in Prefettura tra il prefetto Fiamma Spena e i sindacati.
Presidio pacifico al porto
“Siamo al varco con un gruppo di persone per manifestate e testimoniare il nostro rifiuto al materiale bellico“ afferma ai microfoni di Radio Vaticana Italia Chiara Volpato dell’associazione Libera di Genova. Chiara era tra quanti hanno iniziato stamattina, intorno alle sei, il presidio pacifico in corso al Ponte Etiopia, nel porto di Genova. “Inizialmente eravamo un gruppetto sparuto- continua Chiara- poi nel corso della mattina siamo diventati un centinaio; siamo sigle diverse ma tutti uniti e convinti per dare una testimonianza di pace, come porto, come città e come cittadini. Il messaggio che Genova vuole dare oggi - conclude la rappresentante di Libera - è che vuole essere una città solidale, un porto aperto. Una città aperta ai migranti, all’accoglienza, all’inclusione, ma chiusa, con i suoi porti, alle armi, alla guerra e alla morte”.
La testimonianza dell’Opera Don Bosco di Genova
Nei giorni scorsi un gruppo di sigle, tra cui molte cattoliche, hanno firmato un comunicato stampa sull’arrivo della nave al porto di Genova, in cui hanno espresso la preoccupazione che le armi a bordo della Bahri Yanbu possano essere utilizzate nel conflitto in corso in Yemen. “Chiudiamo il porto alle armi e apriamo la città alla pace”, si leggeva nel comunicato, tra i cui firmatari c’è anche l’Opera don Bosco di Sampierdarena. ”Sulla linea che ci consegna Papa Francesco, siamo preoccupatissimi per questa guerra mondiale a pezzi che non fa notizia e ci sembrava di dare un segnale forte ai nostri ragazzi del Don Bosco” dice a Radio Vaticana Italia don Maurizio Verlizza, direttore della locale Opera don Bosco. “Genova è sempre stata una città della pace – continua don Maurizio - quindi vogliamo mandare un messaggio forte dei nostri giovani che sia in contrasto con queste navi che portano armi da guerra. Mentre non accogliamo tanti nostri ragazzi bisognosi, sia giovani che adulti, che scappano dalla guerra accogliamo le armi che vanno a creare altre guerre in giro. Ci sembra un segnale importante da dare a tutta la città, ma soprattutto di educazione alla pace per i nostri ragazzi”.
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