Giappone. Il neo imperatore: "Adempierò alle responsabilità del mio ruolo"
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
In Giappone è iniziata, con la cerimonia di intronizzazione del nuovo imperatore Naruhito, l’era Reiwa (“Magnifica armonia”). "Adempierò alle responsabilità del mio ruolo, in veste di simbolo dello Stato e dell'unità del popolo", ha detto il sovrano nel primo discorso ufficiale, alla presenza dei membri della famiglia reale e delle più alte cariche istituzionali del Paese.
Per il Giappopne si apre un nuovo corso dopo l’era Heisei (“Pace ovunque”), conclusasi ieri con l’abdicazione dell’imperatore Akihito. Su queste pagine di storia giapponese si sofferma padre Andrea Lembo, superiore regionale del Pime nel Paese del Sol Levante.
R. - Akihito è stato un imperatore di pace, un imperatore che ha vissuto con il popolo e per il popolo. Abbiamo ancora davanti agli occhi le immagini, dopo il terremoto del 2011, di questo imperatore che va nelle terre terremotate. E si inginocchia tra la gente, mangia con la gente, ascolta le loro storie. Bisogna anche ricordare la figura dell’imperatrice Michiko che ha studiato in scuole cattoliche, portando l’anima del cattolicesimo, della cristianità, e soprattutto di un’azione caritatevole verso le persone, soprattutto quelle più bisognose.
Quali sono ora le sfide che attendono il Giappone e la Chiesa locale?
R. – La nuova era si chiama “Reiwa” (“Magnifica armonia”). Il governo ha scelto questo termine per riportare la nazione ad una nuova identità nazionale: la bellezza della nazione giapponese. È un qualcosa che il primo ministro Abe ripete molte volte. Il governo sta intraprendendo cammini di riforme costituzionali. Dopo la seconda guerra mondiale, essendo quella giapponese una nazione perdente, non poteva avere un esercito né disporre di armamenti. Ora stanno cambiando l’articolo 9 della Costituzione. Quindi la sfida, anche per la nostra Chiesa, è quella di continuare ad affermare l’importanza della pace. Un’altra grande sfida è questa: la società giapponese sottopone gli individui ad una grande pressione. La popolazione giapponese, soprattutto il mondo giovanile, sta soffrendo per questa rigidità della società che provoca effetti sociali e patologie. La sfida della Chiesa è sempre quella di essere vicina alle persone amplificandone la dignità umana: ogni persona non è solo quello che produce, ma ha valore innanzitutto perché è uomo o donna.
Tra le sfide della Chiesa, c’è anche quella di annunciare il Vangelo in una società dove il cattolicesimo, a volte, non è visto come una religione ma come un fattore culturale…
R. – Questo è uno dei punti nodali. I giapponesi sono molto interessati alla nostra cultura, all’arte, alla musica, alla cucina. Però il nostro lavoro non è solo quello di presentare una cultura, ma è quello di predicare il Vangelo. Quello che è fondamentale innanzitutto è una presenza di amicizia: far capire che il Vangelo è un incontro, è un incontro con la persona di Gesù che dà senso alla nostra vita.
Un incontro che cambia la vita e lo fa nel segno della gratuità. Il fattore della gratuità non sempre facilmente si innesta nella cultura, nella mentalità giapponese…
Non è solo la gratuità di un Cristo che si dona, che dona la sua vita per la tua vita, e che ti invita a donare la tua vita per gli altri e per Gesù. È una gratuità che è innanzitutto l’esperienza della grazia. Veramente si avverte, per noi che diamo il Battesimo e per chi riceve il Battesimo, una presenza altra: questa gratuità è anche, innanzitutto, il segno della grazia.
Durante il volo verso Panama per la Gmg, Papa Francesco ha annunciato che a novembre si recherà in Giappone. Qual è la situazione della Chiesa che attende il Santo Paese?
R. – C’è molto entusiasmo. La Chiesa giapponese è un piccolo gregge: abbiamo bisogno in una società così complessa che sembra impermeabile all’evangelizzazione di una parola di incoraggiamento forte.
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