Libia: drammatica la situazione dei profughi
Chiara Capuani – Città del Vaticano
Fayez al Sarraj guiderà una delegazione di diplomatici libici a Roma, in vista dell’incontro di oggi con il premier italiano Giuseppe Conte. Il leader del governo di Tripoli chiede all’Italia maggior sostegno nella battaglia contro la milizia di Khalifa Haftar. La visita a Roma di Serraj avviene a poco più di un mese dall'avvio degli scontri a Tripoli costati finora la vita a centinaia di persone. Nei giorni scorsi Conte ed il premier del governo di Accordo nazionale, hanno avuto diversi colloqui telefonici per discutere della situazione: l'Italia insiste per un cessate il fuoco al più presto e per una soluzione politica della crisi, proprio mentre l’Onu chiede una settimana di "tregua umanitaria" in coincidenza con l'inizio del mese di Ramadan islamico.
“Le vittime degli scontri in Libia sono salite a 522. Purtroppo ci sono zone, soprattutto quelle più a sud di Tripoli, molto difficili da raggiungere, dove sono state scoperte intere famiglie sterminate”. Così racconta ai microfoni di Radio Vaticana Italia, il dottor Foad Aodi, presidente di Amsi (l’Associazione Medici di origine Straniera in Italia).
“Gli ospedali sono al collasso, vicino Tripoli è stata colpita una centrale elettrica e adesso, nelle cliniche, scarseggia l’elettricità. C’è carenza di personale medico, soprattutto per quanto riguarda chirurgia generale, chirurgia vascolare e neurochirurgia. Inoltre, più di 50 donne sono morte dopo stupri di gruppo”.
La situazione nei campi profughi
“Al momento, ammassati nei centri, ci sono circa cinquemila rifugiati. Non ci sono posti sufficienti per tutti e la situazione è particolarmente precaria. Vi porto l’esempio dell’ospedale di Tripoli, cha al moneto ha un’autosufficienza stimata per altri tre mesi al massimo. Poi le scorte di cibo finiranno. Se la capitale soffre così, gli altri centri non possono che soffrire ancora di più. Inoltre, un altro punto dolente di questo conflitto riguarda il fatto che ci sono più di 1500 minorenni reclutati negli scontri. Molti di loro provengono da famiglie povere e sono stati costretti ad arruolarsi sotto ricatto”.
“Come medici non possiamo non lanciare un grido d’allarme”, conclude il dottor Aodi. “Chiediamo al governo italiano e alle leadership europee di mobilitarsi per la situazione in Libia e di creare corridoi umanitari per permettere a queste persone di raggiungere luoghi sicuri, proprio come ha chiesto Papa Francesco”.
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