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Narendra Modi, Primo Ministro indiano Narendra Modi, Primo Ministro indiano 

India: Narendra Modi verso la riconferma come Premier

E’ ancora in corso lo spoglio nelle elezioni politiche indiane, le più grandi del pianeta, circa 900 milioni di elettori. Il Presidente del consiglio uscente Narendra Modi leader del Partito Popolare Indiano secondo tutti gli exit-poll supererebbe i 272 seggi, necessari per avere la maggioranza assoluta in Parlamento

Matteo Petri – Città del Vaticano

Narendra Modi si appresta a essere riconfermato come Premier dell’India. Il risultato non è ancora definitivo ma stando agli exit-poll Modi, leader del Bharatiya Janata Party (BJP), Partito Popolare Indiano, dovrebbe affermarsi conquistando insieme alla coalizione di partiti in suo sostegno, la maggioranza assoluta dei seggi della Lok Sabha, la Camera bassa del Parlamento indiano.

Il successo dell’Alleanza Nazionale Democratica

L’Alleanza Nazionale Democratica, coalizione conservatrice e nazionalista guidata dal Partito Popolare Indiano (BJP) dovrebbe ottenere circa 318 seggi dei 542 disponibili, abbastanza da superare la maggioranza assoluta e mantenere il potere. Mentre, sempre stando ai risultati non definitivi, la coalizione di opposizione guidata dal Partito del Congresso, con a capo Rahul Gandhi che ha governato l’India per quasi tutta la sua storia indipendente, secondo le proiezioni si aggiudicherà un centinaio di seggi.

Il contesto indiano

La vittoria di Modi non era scontata, dopo che il suo partito era stato sconfitto in alcuni Stati dell’India nel dicembre 2018 e il rischio sfiorato a febbraio di una nuova guerra con il Pakistan a febbraio non sembrano però aver fermato la corsa dell’“uomo forte” dell’India. Durante la campagna elettorale si è parlato soprattutto di economia, di disoccupazione e degli scontri con il Pakistan. Il Partito del Congresso ha puntato invece sulle difficoltà del Paese e sul disagio delle classi più povere, promettendo un reddito minimo garantito, cioè un sussidio al 20 per cento delle famiglie più povere dell’India.

Il meccanismo di elezione

Le elezioni indiane per il rinnovo della camera bassa del Parlamento (Lok Sabha, la cosiddetta Camera del popolo) sono considerate le più grandi e più imponenti della storia della democrazia mondiale, a causa dell’enorme numero di persone che avevano diritto di voto: quasi 900 milioni. Le elezioni parlamentari indiane si sono svolte in sette fasi, divise per Stati e territori della Federazione indiana, con una durata complessiva di sei settimane. Le elezioni parlamentari che si sono svolte in queste settimane servono a eleggere 543 dei 545 deputati della camera bassa del Parlamento indiano, la Lok Sabha, che hanno un mandato quinquennale. Gli altri due seggi saranno riservati ai rappresentanti della comunità anglo-indiana nominati direttamente dal presidente. I 245 deputati della camera alta, la Rajya Sabha,  sono invece eletti dalle assemblee legislative degli Stati e dei Territori, che si rinnovano a cicli di sei anni indipendentemente dalle elezioni nazionali.

Le riforme più importanti

Il primo governo Modi ha portato a casa due riforme importanti: la prima, più controversa, è stata la “demonetizzazione” dell’8 novembre 2016, in cui nel giro di una notte il governo ha messo fuori circolazione l’86% del denaro contante (tutte le banconote da 500 e 1000 rupie), come misura di contrasto all’economia sommersa, che in India rappresenta oltre l’80% dell’economia totale. La seconda, è stata l’introduzione nel luglio 2017 di un’IVA comune per tutta l’India, in sostituzione delle imposte indirette su cui sino a quel momento ogni stato indiano aveva piena discrezionalità, con conseguenze negative sugli investimenti e sul commercio. L’economia indiana continua a crescere a un tasso medio del 7%. Minori sono stati però i successi del governo Modi sul fronte della creazione di posti di lavoro: più dell’80% degli indiani è ancora impiegato nei settori dell’economia informale, tra cui il lavoro rurale, quello domestico, o quelli del riciclo di rifiuti e dei trasporti privati. Lo scorso gennaio, però, è stato diffuso un dato secondo cui il tasso di disoccupazione sarebbe stato del 6,1 % nel periodo 2017-2018: il più alto degli ultimi 45 anni.

Le critiche degli oppositori

Secondo le voci più critiche al Presidente Modi, al di là delle promesse di sviluppo e modernizzazione, a pagare il prezzo più alto del nazionalismo di Modi e dei suoi sostenitori sono state soprattutto le minoranze del paese. Tra queste, i cittadini musulmani, che costituiscono circa il 14% della popolazione e i cristiani che sono quasi il 3%, contro l’80% di religione hindu, e in questi anni (2015-2017) sono aumentati del 28% gli episodi di scontro tra gruppi religiosi.

Luci e ombre sul governo Modi

“La politica di Modi è stata fortemente incentrata sulla crescita economica - spiega a Vatican News Francesca Manenti, responsabile del desk India del Cesi – ma ci sono luci ed ombre. Da un lato Modi è riuscito a parlare con la classe media vero traino del Paese, puntando su una forte identità e pragmatismo politico personale e del suo partito, dall’altro però non è riuscito a eliminare le sperequazioni sociali, le differenze tra poveri e ricchi che rimangono forti in tutti gli Stati dell’India”.

Ascolta l'intervista a Francesca Manenti

Lo stato dell’opposizione

“Il partito del Congresso, non è riuscito a presentare un programma realmente credibile ma si è limitato a impostare una campagna elettorale contro, contro il Presidente Modi e contro il suo partito – spiega ancora Manenti -. Molto probabilmente il maggior partito di opposzione uscirà dalla tornata elettorale ridotto al suo minimo storico”.

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23 maggio 2019, 17:00