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La copertina del libro "per un nuovo umanesimo" di don Luigi Ciotti e Vittorio V. Alberti La copertina del libro "per un nuovo umanesimo" di don Luigi Ciotti e Vittorio V. Alberti 

Per un nuovo umanesimo, dando voce agli esclusi

Nel saggio “Per un Nuovo Umanesimo: come ridare un ideale a italiani e europei”, don Luigi Ciotti e il filosofo Vittorio V. Alberti, propongono un piano di istruzione e educazione che riparta dai classici e dal popolo

A cura di Fabio Colagrande

Nel saggio-manifesto “Per un Nuovo Umanesimo: Come ridare un ideale a italiani e europei”, (Edizioni Solferino) don Luigi Ciotti e il filosofo Vittorio V. Alberti spiegano la necessità di un programma educativo, sistematico e a lungo termine, volto a rianimare l’ideale europeo, che parta da scuole e università per ricucire la società. Oggi che l’Europa dei muri sta soffocando le sue antiche radici e l’Unione corre il rischio di disintegrarsi, occorre ricostruire l’identità di italiani ed europei, sconfessando globalizzazione neoliberista e sovranismo populista attraverso un Nuovo Umanesimo. I due autori, ospiti di Radio Vaticana Italia, hanno raccontato così il loro libro. 

Partire dai classici...

“L’Umanesimo, in sostanza, cos’è?”, si chiede Vittorio V. Alberti, filosofo e scrittore, officiale del Dicastero per lo sviluppo umano integrale. “Umanesimo è guardare all’antico per costruire il presente. Brunelleschi guardava come lavoravano gli architetti dell’antica Roma e sulla base di questo cercava di creare qualcosa di ancora più forte e potente. I romani non erano mai riusciti a costruire una cupola, ma l’architetto fiorentino, nel ‘400, proprio sulla base della lezione dei classici raggiunge l’obbiettivo. Creare un Nuovo Umanesimo significa quindi oggi creare un nuovo classico, riconnettendosi all’autenticità della storia, che è stata plagiata e livellata dalla globalizzazione neo-liberista ed è minacciata dall’aggressività nazionalista dei sovranisti, per creare un nuovo ideale”.

...e partire dal popolo

“Perché le forze progressiste oggi non hanno argomenti contro il sovranismo e il livellamento culturale innestato dal neo-liberismo?”, si chiede ancora il filosofo. “Perché non partono dalla memoria dei classici, ma anche perché non partono dal popolo.  Non tornano all’humus, alla terra, per ripartire dai poveri, dalle periferie, e innestare lì un discorso umanistico”.

L’istruzione è l’arma vincente

“La questione centrale – spiega - è quella dell’educazione, dell’istruzione. Il Nuovo Umanesimo è un progetto colossale che sollecita una politica che spesso proclama e non organizza.  Girando molto per le periferie o per le scuole disagiate, le università più celebri, e cercando di legare il mondo culturale con quello popolare, si vede che c’è una nostalgia di un linguaggio di qualità. L’istruzione resta l’arma vincente per costruire l’educazione alla giustizia e alla libertà e per realizzare i propri sogni. Il programma è unire tutte le forze disponibili nella società – intellettuali, giornalisti, magistrati, forze dell’ordine – per aiutare gli insegnati. Non possiamo infatti sempre dire che è un problema della scuola e ci deve pensare il singolo insegnante. Bisogna mandare ogni settimana a parlare nelle scuole un magistrato, poi un filosofo, poi un giornalista, per unificare la società e dare l’idea che lo Stato c’è, ci sono le istituzioni. Proponiamo un piano d’istruzione all’umanesimo in più tappe”.

Ascolta l'intervista integrale a Vittorio V. Alberti

Ciotti: diamo voce agli esclusi

“Un nuovo umanesimo europeo oggi è necessario e non più prorogabile e deve essere un progetto per rimettere al centro la persona, le relazioni, il lavoro, la conoscenza, la ricerca, tutto ciò che rende una vita più degna di essere vissuta”, aggiunge don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele a Torino e presidente di ‘Libera’. “È un progetto che però richiede un enorme sforzo collettivo, perché è enorme il cambiamento richiesto. Questo nuovo umanesimo deve essere povero: deve partire da chi fa più fatica, nel senso intellettuale e sociale. Deve partire da e fra le persone impoverite a causa di un sistema che ha schiacciato la dignità e la libertà di tanti. Occorre ascoltare, analizzare, anche le passioni oppositive, per riuscire a ragionare e dialogare insieme. Siamo convinti che una spinta decisiva a guarire questo sistema ci può venire dai principali esclusi: i giovani, gli immigrati, gli emarginati, i poveri”.

Un Paese impaurito

“Il nostro –  commenta don Ciotti –  è un Paese dove manca la libertà e ci sono tante paure. Quella economica e quella del cambiamento, mancano le opportunità, le sicurezze, c’è molto smarrimento nella gente. Poi c’è la paura del diverso, del migrante, dell’altro. E di fronte a queste paure dobbiamo far sì che nessuno se ne approfitti, per cavalcarle per altri interessi”. “Stiamo correndo tre grandi rischi, in Italia e in Europa: la morte della democrazia, un grande conflitto mondiale e la catastrofe ecologica”, aggiunge il sacerdote. “Di fronte a tutto questo, la risposta più efficace mi pare l’abbia data l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco che ci ha ricordato la necessità di un’ecologia integrale e che esiste un’unica crisi socio-ambientale”.

La malattia dell’individualismo

“È un momento difficile per il progetto europeo, perché avanzano dovunque le proposte nazionalistiche o sovraniste. C’è la necessità che la UE riscopra la sua identità comune, riscopra l’impegno di tutti per assumersi l’impegno dell’unità nella diversità”, aggiunge don Ciotti. “E poi serve una politica a sostegno dei più vulnerabili, dei poveri, che si occupi della dignità umana. Ecco allora che il problema non è solo politico ma anche culturale. Non è possibile continuare con questo monologo dell’io, con questo individualismo. Io credo che alla base dell’identità personale, ma anche sociale e nazionale, debbano esserci la relazione e la conoscenza”. 

Se andare in Chiesa non basta

“Non possiamo dimenticare – conclude don Ciotti – quando Papa Francesco disse che sognava un’Europa della quale non si potesse dire che l’impegno per i diritti umani è stato la sua ultima utopia. È un grido che dobbiamo cogliere anche nelle nostre comunità cristiane. Non basta dare bacetti alla Madonna e a tutti i Santi, andare in Chiesa, se poi ci dimentichiamo di impegnare un po’ della nostra vita per amare, per amarci. Per incontrarci, accoglierci, riconoscerci, quello che il Signore, profondamente ci ha insegnato”.

Ascolta l'intervista integrale a don Luigi Ciotti

 

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05 maggio 2019, 08:00