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Test di armi nucleari Test di armi nucleari 

Allarme Onu: mai così alto il rischio dell’uso di armi nucleari

Per l’Istituto di ricerca delle Nazioni Unite sul disarmo i controlli sugli armamenti sono meno efficaci, mentre aumenta la competizione tra le grandi potenze. Il commento dell’analista di Limes Dario Fabbri

Michele Raviart – Città del Vaticano

Il rischio di utilizzo di armi nucleari non è mai stato così alto dalla fine della seconda guerra mondiale e il mondo dovrebbe affrontare questo pericolo più seriamente. L’allarme è stato lanciato nei giorni scorsi dall’Istituto di ricerca delle Nazioni Unite sul disarmo che, tramite la presidente Renata Dwan, sottolinea come le potenze nucleari stiano intraprendendo programmi di modernizzazione del loro arsenale e il panorama del controllo degli armamenti stia cambiando, in parte a causa della competizione strategica tra Stati Uniti e Cina.

L’uso dialettico della minaccia nucleare

Il riferimento, spiega a Vatican News Dario Fabbri, analista della rivista di geopolitica Limes, è all’uso nelle dichiarazioni delle grandi potenze dell’impiego di armi nucleari non solo a livello strategico generale, ma anche nelle controversie più immediate.  Non più quindi “soltanto il pensiero di poter utilizzare l’arma nucleare come estrema ratio”, come avveniva nella guerra fredda, “ma annunciarne la possibilità di utilizzo già in ambito tattico, specialmente in una fase in cui Russia e Stati Uniti non hanno risolto i loro scontri e i loro diverbi. Dall’altro lato c’è un altro tipo di preoccupazione strisciante che c’è ormai da diversi anni – a mio avviso meno credibile – che riguarda la possibilità che armi nucleari finiscano nelle mani di gruppi terroristici sparsi dal Medio Oriente e l’Asia Centrale”.

Tensioni tra Russia e Stati Uniti

Proprio in queste ore il generale statunitense Robert P. Ashley, capo della Defense Intelligence Agency, ha affermato che la Russia forse sta conducendo test nucleari di bassa intensità in violazione della moratoria degli accordi in vigore. Un’accusa negata dall’ambasciatore russo negli Usa, ma che dimostra come qualcosa stia cambiando nel controllo agli armamenti, una delle pietre angolari del disgelo fra Stati Uniti e Unione Sovietica. “C’è la volontà di tutte le parti, non soltanto della Russia e Stati Uniti, ma anche dei cinesi”, spiega ancora Fabbri, “di voler avere le mani libere”. “La sensazione”, continua, “è che oggi si sia in un ambito di minore regolazione, legata al fatto che questi governi vorrebbero aumentare il loro margine di manovra anche sul piano nucleare. Immagino non abbiano intenzione di annichilirsi a vicenda così da poi volgere il mondo in una sorta di olocausto nucleare, però il fatto stesso che dialetticamente vogliano segnalare l’intenzione di essere più liberi è normale che generi maggiore preoccupazione, come viene sottolineato da più parti”.

Il fallimento dell’Ican

L’idea di bandire ogni armamento nucleare attraverso un trattato internazionale promossa dall’associazione Ican, che per questo ha vinto il Nobel per la pace nel 2017, si scontra tuttavia con il veto delle potenze nucleari. Il trattato promosso dall’Onu il 7 luglio di due anni fa ha finora raccolto la firma di 23 Stati sui 50 necessari per l’entrata in vigore, tra cui spicca l’assenza, tra gli altri di Russia e Stati Uniti. “Il punto sulle armi nucleari è sempre lo stesso”, ribadisce Fabbri: “chi le ha se le tiene; chi non ce le ha o vorrebbe averle oppure invita gli altri a cederle. Chi aveva già la bomba non vi ha mai rinunciato. Questa è una situazione che non è cambiata e che tendenzialmente non dovrebbe cambiare, purtroppo, nei prossimi anni”.

Gli appelli di Papa Francesco

La riluttanza dei governi delle grandi potenze a rinunciare al loro armamento nucleare è stata stigmatizzata più volte da Papa Francesco. “Preoccupa specialmente che il disarmo nucleare, ampiamente auspicato e in parte perseguito nei decenni passati, stia ora lasciando il posto alla ricerca di nuove armi sempre più sofisticate e distruttive”, aveva detto il Pontefice lo scorso gennaio al Corpo Diplomatico, ribadendo che “le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche, altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non possono costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana, che deve invece ispirarsi ad un’etica di solidarietà”

Ascolta l'intervista integrale a Dario Fabbri, analista di Limes

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30 maggio 2019, 14:45