Primo maggio, la Cei: puntare sempre più sull’umanità del mondo produttivo
Alessandro Guarasci e Adriana Masotti - Città del Vaticano
Oggi, primo maggio, Festa del lavoro. Nel mondo quasi tre miliardi di persone hanno un’occupazione, ma i disoccupati sono ancora più di 200 milioni. Secondo i dati diffusi da Eurostat, circa l'andamento della disoccupazione nelle tante regioni in cui sono divisi i Paesi membri dell'Unione europea, mentre nell'Alta Baviera tedesca sono disoccupati appena 4 giovani su 100 - e si tratta del tasso più basso d'Europa - , in Sicilia, Campania e Calabria è senza lavoro oltre un ragazzo su due, mentre la media italiana è di uno su tre. E i rispettivi tassi di disoccupazione giovanile (il 53,6% per Sicilia e Campania e il 52,7 per la Calabria) collocano queste regioni al settimo e al nono posto nella classifica delle "peggiori dieci" tra le 280 dell'Ue. A far registrare quote ancora più preoccupanti sono solo alcune aree della Grecia, i territori d'oltremare francesi di Mayotte e Guadalupa e le enclave spagnole in Marocco di Ceuta e Melilla.
Marcata divisione tra Nord e Sud in Italia e in Europa
L’Eurostat ribadisce poi come all'interno dell'Europa, ma anche dell'Italia, ci sia una netta divisione tra Nord e Sud. Basta guardare alla differenza tra la disoccupazione in Emilia-Romagna (17,8%), Lombardia (20,8%) o Veneto (21%) - per non parlare dei record delle Province autonome di Trento (15,3%) e Bolzano (9,2%) - e le regioni dell’Italia meridionale. In Italia nel 2018 è cresciuta inoltre la disoccupazione cosiddetta "di lunga durata" - almeno 12 mesi - passata dal 57,9 al 58,1% e solo la Bulgaria ha fatto registrare un andamento analogo attestandosi al 58,4%. In Grecia e Slovacchia la disoccupazione di lunga durata è stata lo scorso anno ancora più alta, ma comunque in flessione rispetto all'anno precedente. Ancora in Italia, il 25% dei giovani ha un impiego inferiore al proprio titolo di studio e a minacciare opportunità futura di occupazione arrivano anche robot e intelligenza artificiale che nei prossimi 15, 20 anni potrebbero sostituire i lavoratori in carne ed ossa.
Il messaggio dei vescovi italiani
Nel suo messaggio per la Festa del lavoro, la Conferenza episcopale italiana scrive che “appare del tutto evidente, l’importanza di costruire politiche che favoriscano l’investimento in due direzioni principali. Da una parte la formazione, l’istruzione e le competenze che saranno sempre più importanti per favorire la riqualificazione del lavoro ed andare ad occupare i tanti spazi aperti dalle nuove potenzialità create”. Ma ancora: “L’umanità’ diventerà una delle chiavi di successo principali dei mondi del lavoro futuri, perché l’arte della collaborazione fatta di fiducia, cura interpersonale, reciprocità, prossimità, i servizi alla persona e le relazioni saranno sempre più qualificanti e decisive. La capacità di fare squadra, producendo capitale sociale, sarà una delle chiavi del successo professionale e assieme della fioritura umana e spirituale della vita”.
Includere nel lavoro i più deboli
Per la Cei “un compito irrinunciabile e sempre più delicato sarà quello di inclusione degli scartati e dei più deboli. Sapendo che la soluzione non potrà essere quella di una mera erogazione monetaria poiché la dignità della persona passa attraverso la sua capacità di essere utile e di contribuire al progresso sociale e civile. Le forme d’intervento e di aiuto per gli esclusi non potranno non avere come stella polare quella di un approccio generativo che mira ad offrire opportunità d’inclusione e di partecipazione alla vita sociale e produttiva”.
L'importanza della formazione professionale e umana
Mons. Filippo Santoro, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali, dice che è “fondamentale la formazione, non solo tecnica, ma anche di intrattenere rapporti e l’approfondimento sulla dignità della persona”.
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