Yunus alla Fao: diseguaglianze sono bomba ad orologeria
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
Oltre il 60 per cento delle persone affamate vive in aree di conflitto e negli ultimi tre anni sono perfino cresciute le guerre per accaparrarsi il cibo, ha denunciato il direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, ricordando che questa agenzia - fondata dopo la seconda guerra mondiale - ha sempre mirato alla sicurezza alimentare dei popoli per raggiungere la pace duratura tra gli Stati. Da qui l’idea sorta due anni fa di stringere un’Alleanza tra la Fao e quattro premi Nobel per la Pace, divenuti poi dodici, guidati dall’economista bengalese Muhammad Yunus, fautore di questa iniziativa, per rafforzare l’interdipendenza nell’azione contro la fame e per la pace nel mondo.
Cambiare presto il sistema economico
“Non abbiamo molto tempo davanti”, ha ammonito il prof. Yunus, nella sala conferenza del Palazzo Fao a Roma, affollatissima di persone venute ad ascoltare l'iniziatore della Grameen Bank, fondata nel 1976 con la missione di fornire microcrediti, piccoli prestiti, a quanti - i più poveri e svantaggiati - non possono accedere ai circuiti bancari, investendo sul loro sviluppo, a partire dal capitale umano. Una filosofia economica che si è largamente espansa in molti Paesi e che ha reso al suo ispiratore centinaia di premi in tutto il mondo.
Promuovere il social business
Ma il social business segna il passo a fronte di un sistema – ha intimato Yunus - che crea sempre maggiore ricchezza per un numero sempre più ristretto di persone: il 99% delle persone ha appena l’1% della ricchezza. E domani sarà anche peggio: “E' una bomba ad orologeria, che dobbiamo disinnescare, altrimenti esploderà”.
Segnali preoccupanti di frustrazione sociale
Segnali negativi ci sono già di questa frustrazione che sale dal basso. Ha citato Yunus la rivolta dei gilet gialli in Francia, la brexit in Gran Bretagna, l’intolleranza all’immigrazione, il muro in Messico. Non è colpa dei singoli individui – ha spiegato il Premio Nobel - ma del sistema economico e finanziario fondato sul presupposto che le persone siano spinte solo da interessi personali, ma questo non è vero. Dobbiamo allora investire – ha sollecitato - sulla creatività delle persone ovunque nel mondo, specie dei giovani, perché diventino imprenditori di se stessi, si ribellino alle logiche di questo sistema pensato per il profitto di pochissimi ed esclusivo di tutti gli altri.
In Centrafrica puntare su creatività dei giovani
E sulla gioventù si è voluto puntare nel primo progetto, frutto dell’Alleanza tra Fao e Premi Nobel, implementato nella Repubblica centrafricana, a Bimbo, nei pressi della capitale Bangui, per il rilancio di un Paese uscito da un sanguinoso conflitto. L’iniziativa volta a prevenire l’insorgere di nuovi scontri e promuovere la ripresa della attività economiche e lavorative, ha avuto il sostegno del governo italiano e della Santa Sede. 500 giovani – formati dall’organizzazione umanitaria Coopi - saranno avviati ad attività sociali produttive inerenti l’agricoltura ed altri settori, in una area di 130 ettari di proprietà del Monastero del Carmelo.
Il ruolo della Chiesa dalla parte dei più poveri
A gettare le basi del progetto in Centrafrica è stato Papa Francesco, aprendo il 29 novembre del 2015 la Porta Santa della Cattedrale di Bangui per il Giubileo della Misericordia, segnando la via per la rinascita del Paese, come ha sottolineato mons. Segundo Tejado Muñoz, sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale.
R. - Gesù tante volte parla del pane e noi chiediamo nella preghiera del Padre Nostro: ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Diamoci oggi il nostro pane quotidiano, anche nella carità, questo è il fondamento della pace. La pace è che ogni uomo e ogni donna abbia anche da dare ai propri figli da mangiare. Tante guerre nascono da una disuguaglianza nella distribuzione del cibo e tante ingiustizie e tanti problemi di immigrazione sono legati al cibo, all’acqua, alle risorse idriche.
Il prof Yunus in questa sede ha ripetuto con toni accorati il suo appello. La politica però non sta rispondendo. A questo punto bisogna puntare ad un cambiamento culturale dei popoli?
R. - Senz’altro è un cambiamento del cuore, Papa Francesco lo dice costantemente. Viviamo in mezzo ad un’ingiustizia enorme per quanto riguarda le risorse finanziarie, che sono poi quelle che governano tante questioni legate al cibo, alla vita concreta… Credo che la voce del Papa sia veramente profetica in questo momento che l’umanità sta vivendo, in un mondo dove le diseguaglianze stanno prendendo il sopravvento. Forse la politica da sola non riesce a risolvere perché ha altre dinamiche, non è facile.
Un lavoro capillare, molto spesso silenzioso, fuori dagli schemi, questa alleanza tra la Chiesa, agenzie delle Nazioni Unite, premi Nobel in questo caso, ed anche settore privato …
R. – Bisogna fare il bene, punto. A questo ci chiama il Vangelo. Le idee non ci mancano e non ci possono mancare per fare il bene. L’importante è capire che noi siamo chiamati nella vita, predestinati alle buone opere, come dice San Paolo, con tutti, con chiunque. La forza della Chiesa sta nel suo radicamento nel territorio, questa incarnazione che la Chiesa ha nei territori anche i più dispersi, più difficili e complicati… questa è la nostra grande forza che tutti ci ‘invidiano’, in un certo senso se si può dire così: questo non aver bisogno di impiantare un ufficio perché lì ci sono le suore che lavorano, ci sono i preti, ci sono le ong cattoliche, le agenzie, la Caritas… Questa è la nostra grande forza con la quale tutti vogliono collaborare. Tante persone di buona volontà vogliono collaborare!
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