Padre Chiera portavoce del grido di un Brasile sempre più povero e violento
Silvoney Protz e Adriana Masotti - Città del Vaticano
Padre Renato Chiera, missionario piemontese, è arrivato in Italia per qualche giorno, appena in tempo per chiedergli qual è oggi la situazione nel sua patria adottiva, il Brasile, dove vive e lavora da 41 anni. Certamente all’inizio non immaginava quale sarebbe stato l’impegno della sua vita su cui, a distanza di anni, ha scritto alcuni libri. Un impegno tutto a favore dei bambini e delle bambine di strada, i meninos de Rua, rifiutati spesso dalle proprie famiglie, fuggiti di casa per fame o perché attirati dalla ricchezza di stranieri e turisti che affollano le città brasiliane, odiati dalla polizia perché potenzialmente pericolosi e invisi alla gente che teme furti e rapine.
La "Casa do Menor" per contrastare povertà e violenza
Nell' immensa periferia della Baixada Fluminense, a due passi dallo stadio del Maracanà a Rio de Janeiro, padre Chiera porta avanti tutti i giorni, con grande coraggio, la sua battaglia per il riscatto di questi giovanissimi e tanti di loro grazie a lui si sono salvati dalla delinquenza, dalle droghe e dalla violenza. Per loro ha istituito, a Miguel Couto, la "Casa do menor", una realtà educativa a loro servizio. E quando si chiede a padre Renato come va il Brasile oggi, quali sono i suoi problemi e come vive la popolazione la sua risposta è netta: Il Brasile va male, la povertà, la violenza, la corruzione sono in crescita e il grido di dolore dei poveri si fa ancora più sentire, dopo gli anni della speranza in un futuro migliore.
Rispondere alla violenza con l'amore, la famiglia, la scuola
“Sono in Brasile da 41 anni e non ho mai visto il Brasile così brutto come oggi – racconta ai nostri microfoni – c’è un clima di odio, di eliminazione dell’altro, di sfiducia, di aggressività, di radicalismo a tutti i livelli”. “Oggi abbiamo fatto tanti passi indietro – prosegue padre Chiera - la gente ha perso la fiducia e la speranza. E’ un caos totale. Come si vuol combattere la violenza che c’è nel Paese? Uccidendo, incarcerando. Ma noi non crediamo che sia questa la risposta. Le risposte sono l’amore, la famiglia, il lavoro, i valori morali, la scuola. Ma anche la possibilità di suscitare sogni e fare in modo che essi si realizzino. E’ quello che noi stiamo facendo da anni con i giovani e che sta funzionando”.
La Chiesa cattolica a fianco degli esclusi in nome del Vangelo
Dopo il periodo della dittatura, il Brasile aveva ripreso una certa ridemocratizzazione, il popolo aveva riacquistato alcuni diritti fondamentali e la Chiesa - afferma padre Chiera - aveva giocato un ruolo importante nel far emergere la voce degli ultimi. “Io sono sempre stato fiero della Chiesa del Brasile e dell’America Latina – dice il sacerdote – perché ho trovato una Chiesa viva, che sta a fianco dei poveri, che prende posizione, ma non in nome di un’ideologia, ma in nome del Vangelo. Oggi la profezia della Chiesa è un po’ diminuita, ma non si è spenta. La Chiesa cattolica parla ancora e anche recentemente i vescovi hanno fatto un documento per denunciare i nodi nevralgici che stiamo vivendo. La Chiesa non accetta un sistema di violenza, la vendita del Brasile agli altri, la mancata attenzione all’ecologia, e poi c'è da pensare al futuro, alle pensioni, al lavoro... tutte cose che fanno soffrire le persone. E quindi la Chiesa è presente. Poi padre Renato accenna al prossimo Sinodo per l’Amazzonia e dice che arriva in un momento cruciale per la Regione su cui pesano grandi interessi economici e quindi fa paura, è scomodo e ci sono gruppi politici che non vogliono che la Chiesa si occupi di questa questione.
In preparazione un film sull'impegno di padre Chiera
Da anni padre Renato Chiera si prende cura dei bambini e delle bambine di strada, i meninos de Rua, e ci racconta che è in fase di ultimazione un film sulle case, sui luoghi di formazione al lavoro, messi in piedi, sui ragazzi che si è riusciti a salvare. “ E’ così – conferma il padre – e io sono proprio contento di questa cosa che è di grande attualità perché parla di valori come l’amore che si stanno distruggendo. Il titolo sarà: “Caro bambino, caro figlio” ed è significativo. Nel film si descriveranno anche le cause dell’esclusione di tanti giovani, ma anche delle soluzioni che noi indichiamo. Questo film lo vogliamo mandare al Papa – continua padre Chiera – penso che corrisponda al suo desiderio di una Chiesa e di sacerdoti che si mettono in strada, che arrivano alle frontiere dell’esclusione. Attraverso il film – conclude - faremo circolare il bene, si vedrà la nostra tragica realtà, ma senza la disperazione”.
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