Giornata contro la violenza sessuale nei conflitti. Onu: 3mila casi nel 2018
Cecilia Seppia – Città del Vaticano
C’è un’altra importante data nel calendario Onu fissata per svegliare le coscienze. Si tratta della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sessuale nei conflitti, istituita il 19 giugno 2015, con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza dell’opinione pubblica ma anche di onorare le vittime di tali crimini. Lo spot delle Nazioni Unite si accende oggi soprattutto su una cinquantina di situazioni di conflitto che nella stragrande maggioranza rappresentano non solo le cosiddette guerre dimenticate, ma anche i contesti dove avvengono massicce violazioni dei diritti umani. Dall’Iraq al Myanmar, dalla Siria alla Somalia, passando per l’Afghanistan e moltissimi Paesi dell’Africa, la violenza sessuale colpisce soprattutto le donne (adulte e minorenni) ma non risparmia i maschi, in particolar modo bambini e ragazzi che però sono più difficilmente rintracciabili visto che per paura dello stigma, non denunciano quasi mai l’abuso.
Violenza sessuale come tattica di guerra
Il concetto stesso di violenza sessuale legata al conflitto - si legge nel dossier diffuso dalle Nazioni Unite e rilanciato dall’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo – indica un insieme diverso di crimini. Si riferisce a stupri, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza e aborto forzati, sterilizzazione forzata, matrimonio imposto e altre forme meno palesi ma pur sempre legate al contesto di guerra. “Il fenomeno è drammatico e preoccupante”, dice Maurizio Simoncelli vicepresidente di Archivio Disarmo, sottolineando soprattutto l'utilizzo della violenza sessuale come tattica di guerra. “Il corpo della donna in questi luoghi - prosegue - diventa un campo di battaglia; perché in questo modo non viene solamente violentata la donna o il minore, ma viene distrutta anche la forza dell’unione della comunità, viene messa in evidenza l’incapacità dell’uomo di difendere la propria famiglia, è un modo per offendere nell’intimo più profondo. Purtroppo non è un fatto nuovo, purtroppo fa parte della storia dell’umanità. Anche in Italia abbiamo vissuto la vicenda delle donne violentate in Ciociaria dopo lo sfondamento del fronte di Cassino ad opera delle truppe coloniali francesi, lo abbiamo vissuto duramente. Non è un fatto passato, è un fatto ancora attuale e noi continuiamo a seguirlo perché in tutte le guerre, nelle decine e decine di guerre che sono in corso nel nostro pianeta - anche se i massmedia parlano di 2 o 3 - la violenza non solo fisica ma anche in particolar modo sessuale, è un elemento caratterizzante di queste vicende contemporanee di cui si sa molto poco”.
Abusi commessi da terroristi e soldati
I responsabili sono spesso affiliati a gruppi armati, statali e non. Dunque non solo ribelli, banditi, irregolari, ma anche truppe armate governative. Secondo il report, nel corso del 2018 la violenza si è confermata come uno strumento al servizio delle strategie di conflitto e spesso è stata impiegata come mezzo per rimuovere gruppi indesiderati. E’ il caso del Sud Sudan dove – si legge nel documento - le milizie alleate hanno stuprato donne e ragazze nell'ambito di una campagna di espulsione degli oppositori dallo Stato di unità meridionale. Ma la violenza sessuale è stata usata anche come mezzo di repressione, terrore e controllo. Nella provincia del Tanganica della Repubblica Democratica del Congo, le milizie Twa e Luba in guerra hanno violato donne, ragazze e ragazzi delle rispettive comunità etniche. Nella Repubblica araba siriana e nel Burundi, gli attori armati, vittime di stupri di gruppo e detenuti sessualmente umiliati, sono stati percepiti come oppositori politici”.
L'incremento dei traffici
Oltre che una tattica impiegata dalle organizzazioni terroristiche, come in Nigeria dove frequentemente gruppi di giovani donne o studentesse vengono rapite e violentate dai terroristi, la violenza sessuale sembra inoltre funzionale a incrementare le risorse economiche a disposizione degli estremisti che hanno costruito veri e propri mercati, persino on line, attraverso cui si svolge il commercio di schiavi sessuali che a sua volta va a finanziare il traffico di armi e altre attività illecite. “Sicuramente, il richiamo doveroso da fare oggi – afferma Simoncelli - è quello verso l’opinione pubblica occidentale che sembra non voler vedere, conoscere, questi drammi, mentre noi viviamo in un mondo in guerra, è così, dove migliaia di donne e uomini ogni giorno vengono stuprati, derisi, umiliati, in un mondo sofferente di cui vediamo solamente l’effetto finale, che sono queste persone che attraversano il Mar Mediterraneo su barche che spesso e volentieri affondano prima ancora di essere individuate. Ma questo è solo il segnale di una situazione di estrema difficoltà, una situazione estremamente drammatica che spinge donne, uomini e bambini a tentare vie pericolosissime pur di salvarsi”.
Alcuni casi nazionali
Nel 2018, la Missione di stabilizzazione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo ha documentato 1.049 casi di violenza sessuale legata ai conflitti contro 605 donne, 436 ragazze, 4 uomini e 4 ragazzi. La maggior parte dei casi sono stati attribuiti a gruppi armati, il restante alle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo e alla Polizia Nazionale congolese. La Missione di stabilizzazione integrata multidimensionale delle Nazioni Unite nella Repubblica Centrafricana (MINUSCA) ha documentato invece 179 episodi di violenza sessuale legata al conflitto, che hanno colpito 259 vittime (tra cui 144 donne, 78 ragazze, 1 uomo, 1 ragazzo e 35 donne di età sconosciuta). In Libia sono moltissime le testimonianze di donne e ragazze migranti vittime o testimoni di abusi sessuali da parte di trafficanti e membri di gruppi armati, nonché di funzionari del Ministero dell'Interno, durante il loro viaggio attraverso la Libia e nei centri di detenzione per migranti. Le rifugiate provenienti dalla Nigeria sono particolarmente vulnerabili alla tratta da parte di gruppi armati e/o reti criminali multinazionali. Molte di loro hanno raccontato di essere state detenute in "case di collegamento" a Tripoli e a Sabha e di essere state oggetto di abusi sessuali da parte di uomini armati in uniforme. La Missione di stabilizzazione integrata multidimensionale delle Nazioni Unite in Mali ha verificato infine casi commessi da gruppi armati non statali nelle regioni del Ménaka, Mopti, Kidal, Timbuktu e Gao nelle quali sono stati registrati 22 casi di violenza (2 stupri e 20 stupri di gruppo), prevalentemente a danno di donne e ragazze.
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