Haiti: messaggio dei vescovi contro la corruzione
Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Sconfiggere la corruzione e processare i corrotti. Questa la richiesta dei vescovi haitiani in un messaggio diffuso ieri. I presuli del Paese caraibico, facendo riferimento ai rapporti della Corte superiore dei Conti e del Contenzioso amministrativo circa la gestione dei progetti finanziati dai fondi Petrocaribe, sottolineano la pericolosità della corruzione, considerato un male endemico che minaccia la democrazia e la pace sociale. I vescovi haitiani deplorano che “il nostro Paese sia sistematicamente impoverito dalla sconcertante avidità di certi leader rapaci e inconsapevoli che non tengono conto della difficile situazione delle persone in difficoltà. Tali leader non aiutano il progresso o lo sviluppo del paese. La popolazione haitiana sta subendo le conseguenze [...] dannose di questi atti [...] perché l'instabilità politica che sta imperversando ad Haiti e il comportamento indegno dei politici, stanno per inaugurare nel paese ‘l'era dell'ubriachezza omicida senza limiti’ e stiamo assistendo - in quasi tutti i settori della vita nazionale - a una specie di violenza multiforme da cui nessuno è immune.” Quindi il testo dei vescovi ricorda che “il tempo non serve per liquidare i conti, ma per la responsabilità. È giunto il momento per il cambiamento, un vero cambiamento radicale ... Chiediamo al popolo di distinguere coloro che stanno davvero cercando il loro bene. Perché le cose cambino, sono necessari, a tutti i livelli di potere e di uffici pubblici, donne e uomini nuovi nella loro mentalità, nella loro coscienza professionale e nella loro competenza. Questo è il motivo per cui il nostro intervento intende mettere i protagonisti politici di fronte alle loro responsabilità. Li esortiamo a rimediare alle ingiustizie sociali, a presentarsi alla giustizia del paese, se è il prezzo da pagare per ripristinare l'autorità morale dello Stato e dei suoi governanti".
Lo scandalo Petrocaribe
Il cuore della protesta ruota intorno alla corruzione e allo scandalo di Petrocaribe, il programma di aiuto nato nel 2005 per consentire ai paesi caraibici di acquistare il petrolio venezuelano a un prezzo vantaggioso e poi trasformatosi in una serie di operazioni finalizzate alla distrazione di fondi. La scorsa settimana la Corte dei conti haitiana ha pubblicato un rapporto di oltre 600 pagine sull’uso dei fondi di Petrocaribe. Tra le altre cose, i magistrati hanno scoperto che nel 2014 lo Stato ha firmato due contratti con due diverse aziende per un unico progetto stradale. Entrambe le società, pur differenti, avevano lo stesso codice fiscale e lo stesso personale tecnico. Una delle due aziende, la Agritrans, era guidata da Jovenel Moise che nel 2017 è divenuto presidente. Per il progetto stradale la Agritrans, che si occupava di produzione di banane, ha ricevuto dallo stato più di 700mila dollari americani.
Scontri tra manifestanti e forze dell’ordine
A chiedere le dimissioni di Moise e una riorganizzazione dell’attuale sistema politico haitiano sono scesi in strada esponenti della società civile, studenti e membri di partiti politici. Un corteo pacifico, fino all’arrivo nella centrale piazza di Champ de Mars, dove sono iniziati gli scontri tra giovani manifestanti e forze dell’ordine. Secondo fonti locali due persone sarebbero rimaste uccise.
La protesta nel Paese tra i più poveri del mondo
“Quello che sta accadendo ad Haiti è una specie di resa dei conti di un popolo, dice in un’intervista a Radio Vaticana Italia, Alfredo Somoza, presidente dell’Icei (Istituto di cooperazione economica internazionale). “Ricordiamo che si tratta del Paese più povero dell’emisfero occidentale, che scopre grazie a dei documenti ufficiali, ovvero due rapporti del tribunale dei Conti, di una storia di furti ai danni della popolazione. Si tratta - prosegue Somoza - di una storia iniziata nel 2008 e proseguita fino al 2016 che in cui al momento è stato accertato che sono stati dirottati 1,6 miliardi, ma si parla di 3,4 miliardi, cifra gigantesca per Haiti, di programmi che dovevano essere usati per lo sviluppo del paese, soprattutto per rifare le infrastrutture distrutte dal terremoto, ma che invece sono stati rubati da almeno 15 tra ex ministri e attuali ministri ed è addirittura finito in quest’inchiesta anche il Presidente
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