Libia, Msf lancia l’allarme: catastrofe sanitaria nei centri di detenzione
Matteo Petri – Città del Vaticano
Da due a tre persone al mese sono morte in media dallo scorso settembre nelle carceri libiche. Questo il bilancio allarmante di Msf, presente con i suoi dottori e volontari nella zona attualmente teatro di conflitto tra le truppe di Al Serraj e quelle di Haftar.
I dati più allarmanti
Quando Msf si è recata sul posto per la prima volta lo scorso maggio, circa 900 persone erano detenute a Zintan, di cui 700 in un capannone sovraffollato, con a malapena quattro servizi igienici funzionanti, accesso irregolare ad acqua non potabile e nessuna doccia. Per Julien Raickman, capomissione di Msf in Libia si può parlare di una “catastrofe sanitaria”. “Probabilmente era in corso da mesi un’epidemia di tubercolosi, ha spiegato Raickman. Nei mesi scorsi circa 50 persone detenute a Zintan, le cui condizioni di salute erano state considerate tra le più a rischio, sono state trasferite presso il centro di Gharyan. Situato a circa 100 chilometri a nord-est di Zintan, vicino la linea del fronte di conflitto.
L’azione di Msf
Tra il 25 maggio e il 19 giugno Msf ha organizzato 16 trasferimenti verso strutture sanitarie secondarie, oltre a distribuire cibo, latte in polvere, coperte e articoli per l'igiene. Avendo ottenuto l'accesso al centro di detenzione di Zintan dal Dipartimento per il contrasto all'immigrazione illegale libico (Dcim), Msf sta aumentando la sua risposta medico umanitaria. Il 3 giugno scorso l'Unhcr ha trasferito 96 persone dal centro di detenzione di Zintan verso un sito gestito dalla stessa agenzia delle Nazioni Unite a Tripoli, dove i rifugiati sono in attesa di un'imminente evacuazione dalla Libia.
La difficoltà dell’asilo politico
Il governo libico ha creato queste carceri dove ha recluso quanti cercano di attraversare il Paese per arrivare in Europa. “In Libia oggi ci sono migliaia di persone, parliamo di un numero enorme 4.000/5.000 persone recluse in centri di detenzione che potrebbero esse trasferite in Paesi come richiedenti asilo”, spiega Francois Dumont, responsabile della comunicazione di Msf. “Esistono dei meccanismi affinché questi richiedenti asilo possano essere trasferiti verso Paesi sicuri in Europa o verso altri Paesi - prosegue Dumont - ma non sono utilizzati abbastanza. Finora, solo 3.743 persone sono state trasferite dall’Unhcr dal Niger e spesso anche una volta rivati in questo Paese il ricollocamento non avviene”.
Le storie dei detenuti
Uomini e donne costretti a vivere in queste carceri hanno spesso alle spalle storie di violenze e soprusi. “Intervenendo in queste zone abbiamo trovato soprattutto persone provenienti dalla Somalia e dall’Eritrea, sfuggiti a situazioni di guerre o di persecuzione”, spiega il responsabile di Msf. “Questi uomini e queste donne hanno incontrato durante il viaggio violenze e ora – conclude Dumont - si trovano in un sistema di detenzione dove vivono senza accesso alla doccia, ai servizi sanitari e cibo”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui