Libia: Msf denuncia le condizioni dei centri di detenzione per i migranti
Michele Raviart – Città del Vaticano
La Libia non è un “porto sicuro” e la situazione dei centri di detenzione per i migranti rimane critica, malgrado le evacuazioni umanitarie. Lo denuncia Medici Senza Frontiere, che in una conferenza stampa a Roma ha fatto il punto sulla situazione umanitaria nel Paese, aggravata dall’acuirsi del conflitto per la conquista di Tripoli. A due mesi dall’inizio dei nuovi combattimenti nella capitale, spiega Sam Turner, capo missione di Msf in Libia, ci sono oltre 90 mila sfollati e 150 vittime tra i civili. Le persone sono intrappolate nei loro appartamenti e subiscono ogni sera un bombardamento aereo. A poco servono i rifugi allestiti per la popolazione, insufficienti a proteggere tutti i civili, mentre mancano cibo e medicinali.
I centri di detenzione
La guerra ha delle conseguenze dirette anche sulle condizioni della migliaia di persone imprigionate nei centri di detenzione per i migranti, senza nessuna accusa formale e in condizioni sanitarie precarie. Alcuni centri si trovano vicino alla linea del fronte e in alcuni di questi le persone vivono in celle grandi meno di un metro quadrato, spesso con le finestre murate, afferma Julien Raickman, capo missione Msf a Misurata. Aumentano poi i casi di tubercolosi.I tentativi di Nazioni Unite e ong di far fuggire dai centri di detenzione queste persone – almeno 5.800 – si stanno poi rivelando poco efficaci. Le evacuazioni portate avanti dall’Unhcr prevedono il trasferimento delle persone più vulnerabili in Niger, per poi essere ricollocate in altre Paesi. In Niger ci sono circa 350.000 rifugiati da tutto il Sahel, le procedure sono molto lente e il Paese ha limitato fortemente gli arrivi.
Le evacuazioni "umanitarie"
I corridoi umanitari, poi, permettono l’arrivo in sicurezza attraverso voli regolari, ma sono subordinati agli accordi con i Paesi d’arrivo e sono vanificati dagli interventi della Guardia costiera libica. “Il numero di evacuazioni umanitarie che fino ad oggi sono state realizzate – poco più di 500, 300 verso l’Italia – è un numero molto basso”, afferma Marco Bertotto, responsabile advocacy di Msf Italia, “considerando che in questi due mesi di conflitto, a fronte di 500 persone evacuate, 1300 sono invece state intercettate dalla Guardia Costiera e riportate negli stessi centri di detenzione. Per ogni persona evacuata, ce ne sono quattro che vengono riportate nei centri di detenzione”.
Bertotto: "La Libia non è un porto sicuro"
“Quello che è certo”, aggiunge Bertotto, “è che la Libia non è un porto sicuro; quindi, ogni dichiarazione sulla riduzione delle morti in mare, sul tentativo di dare sostegno alle legittime autorità libiche perde senso se andiamo a vedere infatti cosa sta succedendo. Sta succedendo che, grazie alle politiche dell’Italia e di altri Paesi europei, le persone vengono intercettate in mare e riportate nei centri di detenzione”. “Volendo entrare nella logica dei governi europei”, conclude Bertotto, “i centri di detenzione sono strumenti inefficaci, “per immaginare una forma di deterrenza rispetto all’arrivo delle persone dalla Libia”, “ma è semplicemente uno strumento che aumenta la sofferenza umana. Ci sono persone, con cui abbiamo parlato, che non avevano alcuna intenzione di fare il viaggio verso l’Europa, e che poi, trovatisi di fronte a una situazione di detenzione a tempo indeterminato senza possibilità di ricorso legale, nei fatti hanno visto il viaggio in Europa come l’unica modalità di evacuazione e di fuoriuscita.
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