“Ogni bambino è Vita” che chiede uguali cure
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
Ogni 24 ore nel mondo 800 donne perdono la vita per complicazioni legate alla gravidanza, prima causa di morte tra le ragazze tra i 15 e i 19 anno di età. Lo documenta un nuovo rapporto dell’Unicef, pubblicato oggi, a sostegno della Campagna “Ogni bambino è VITA”, lanciata per rimuovere o quanto meno ridurre le diseguaglianze tra Paesi ricchi e poveri, in ambito di assistenza sanitaria alle mamme e ai neonati.
Milioni di donne senza cure prenatali troppo costose
I costi per salute sono ancora proibitivi per le mamme e i neonati in Africa, Asia, America latina e Caraibi, dove 5 milioni di famiglie arrivano a spendere oltre il 40 per cento del loro budget - tolte le spese alimentari - nei servizi sanitari per la maternità. Questo induce molte donne povere a rinunciare alle cure prenatali e all’assistenza per il parto, con conseguenze spesso fatali per la stessa vita delle puerpere e dei figli nel loro grembo.
Settemila bambini al giorno partoriti già morti
E’ altissima infatti la mortalità tra i nascituri: 7 mila al giorno i bimbi partoriti morti, metà dei quali erano vivi all’inizio del travaglio e 7 mila i bambini che muoiono nel primo mese di vita.
Spose bambine più esposte a gravidanze rischiose
Ad aggravare i rischi per la salute delle mamme è la piaga diffusa dei matrimoni precoci, poiché il fisico delle ragazze adolescenti, che restano incinte, è ancora in formazione e per questo più vulnerabile alle complicazioni della gravidanza. Le spose bambine, soggette ad avere più figli, hanno inoltre meno probabilità di ricevere cure mediche adeguate durante la gravidanza e di partorire in strutture sanitarie, rispetto alle donne sposate da adulte. Così anche i bimbi nati da mamme giovanissime hanno maggiori probabilità di morire prima di aver compiuto 5 anni.
Personale sanitario ancora scarsissimo nei Paesi poveri
Tra le disparità maggiori è la presenza sul territorio del personale sanitario, medici, infermieri e ostetriche, che seppure in costante aumento a livello globale è ancora minima nelle regioni meno sviluppate del mondo. Dal 2000 al 2017 gli operatori sanitari sono infatti cresciuti da 4 a 5 ogni 10 mila abitanti in Mozambico e da 3 a 9 in Etiopia mentre in Norvegia nello stesso periodo sono saliti da 213 a 228. Un divario scandaloso che penalizza fortemente il benessere e le aspettative di vita delle popolazioni più povere e il progresso dei loro Paesi.
Mani esperte possono salvare mamme e neonati
"Troppe madri – denuncia Henrietta Fore, direttrice generale dell’Unicef - continuano a soffrire all'infinito, specialmente durante il parto. Possiamo fermare questa sofferenza e salvare milioni di vite con un paio di mani sicure, strutture funzionali e una migliore qualità delle cure prima, durante e dopo la gravidanza".
Appello ai governi e privati: tutelate vita nascente
Da qui il rinnovato appello lanciato dal Fondo Onu per l’infanzia ai governi, a chi si occupa di assistenza sanitaria, ai donatori, al settore pubblico e privato, alle famiglie perché siano tutelate le madri più svantaggiate e i neonati di tutto il mondo. L’Unicef chiede di investire risorse finanziarie nei sistemi sanitari, a partire dal livello comunitario; di reclutare, formare, mantenere e gestire un numero sufficiente di medici, infermieri e ostetriche con esperienza nell'assistenza materna e neonatale; di garantire strutture sanitarie pulite e funzionali, dotate di acqua, sapone ed elettricità, alla portata di ogni madre e bambino; di rendere prioritario fornire ad ogni madre e bambino i farmaci salvavita e le attrezzature necessarie per un sano inizio di vita; di dare alle adolescenti e alle famiglie la possibilità di chiedere e ricevere un'assistenza di qualità.
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