Storie emozionali dai banchi di scuola alla rete
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
Docenti, bambini e famiglie tornano insieme sui banchi di scuola per imparare a vivere, gestire e sfruttare al meglio le emozioni, le proprie e quelle altrui e per relazionarsi, apprendere e interagire in modo consapevole e intelligente con i contenuti della rete, senza esserne sopraffatti.
Il progetto Stem-Storie emozionali, partito nel novembre scorso, ha già coinvolto 45 docenti e 400 bambini, tra i 5 e i 12 anni, di 18 classi di scuole materne, elementari e medie in tre Istituti scolastici - Nino Rota, Pallavicini e Poggiali Spizzichino - di Roma. Un percorso che è stato guidato da psicologi e pedagogisti e che proseguirà, dopo la pausa estiva, a settembre con la partecipazione anche delle famiglie dei piccoli scolari, chiamate a condividere tappe e mete raggiunte dai figli sulla via di una alfabetizzazione emotiva, divenuta emergenza educativa nella società attuale.
Un’iniziativa originale e fattiva rispetto al disorientamento generale – che persiste ormai da molti anni - di scuola e famiglie, rispetto ai nuovi codici emotivi e ai cosiddetti saperi digitali, come spiega Emma Ciccarelli, cooperatrice salesiana e consulente familiare, vicepresidente del Forum nazionale delle Associazioni familiari, che insieme all’impresa sociale “Con i Bambini”, promuove il progetto Stem, di cui traccia un primo positivo bilancio.
R. - E’ un progetto complesso, che cerca di creare delle sinergie perché le nuove tecnologie digitali diventino non un avversario, un nemico, ma diventino un amico della famiglia e della scuola. Non è facile approcciare queste nuove modalità di insegnamento e di apprendimento ma credo che ormai i tempi siano maturi perché anche la scuola faccia un salto di qualità.
L’importante è che si siano seduti insieme docenti, alunni e lo faranno anche le famiglie.
R. - Sarà una sfida non semplice, però noi crediamo nell’alleanza scuola- famiglia ed è un versante tutto da ricostruire. Perché i genitori diventeranno alleati dei docenti nelle forme di apprendimento nuove che ci dà la digitalizzazione.
Una prospettiva sicuramente nuova rispetto al passato, quando i genitori erano visti soprattutto come soggetti da tenere fuori dall’ambito educativo della scuola.
R. - Una prospettiva nuova ma necessaria, non si può pensare che l’educazione arrivi soltanto dalla scuola o soltanto dalla famiglia: c’è bisogno di sinergie e di creare le condizioni per attivare queste sinergie e di ristabilire un’alleanza che in questi ultimi anni si era indebolita.
Nel corso si parla di potenziamento dell’intelligenza emotiva e sociale.
R. - Quest’anno i ragazzi hanno lavorato molto sulle abilità emotive, per riconoscere le loro emozioni. Le nuove ricerche della psicologia fanno infatti capire quanto l’intelligenza emotiva condizioni l’apprendimento, quanto sia un elemento chiave per sbloccare determinate situazioni anche a livello cognitivo. Quindi c’è bisogno di approfondire questi aspetti e di potenziarne le opportunità e le competenze.
Il progetto prevede pure di affrontare il modo di relazionarsi con i contenuti della rete, anche sul piano emotivo.
R. – Questo approccio con i media sarà approfondito di più nel prossimo anno perché i ragazzi si cimenteranno con gli strumenti del ‘coding’, ovvero della programmazione informatica, e con tutto quello che comporterà per loro il costruire un gioco digitale; questo sarà il frutto del progetto al termine dei tre anni, quello di consegnare alla scuola un videogame ideato e realizzato dagli stessi ragazzi. Quindi è un percorso abbastanza lungo, che consegna anche competenze ed abilità nuove ai ragazzi ma soprattutto le lascia alla scuola. In questo periodo i nostri collaboratori stanno preparando, offrendo ai docenti delle competenze affinché siano loro stessi ad insegnare ai loro ragazzi le tecniche del ‘coding’ e della realizzazione di videogame o di qualsiasi altra cosa che lo strumento digitale ha le potenzialità di sviluppare.
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