Rondine Cittadella della Pace Rondine Cittadella della Pace 

YouTopicFest: un futuro senza conflitti è possibile

Al via oggi nella Cittadella della pace nei pressi di Arezzo, in Toscana, il Festival internazionale sul conflitto, promosso da Rondine, l’associazione fondata da Giorgio Vaccari per liberare il pianeta dagli scontri armati

Roberta Gisotti – Città del Vaticano

Un’utopia reale per un modello globale”, il motto di YouTopicFest, il Festival internazionale sul conflitto, giunto alla quarta edizione. Tre giornate, a partire da oggi a domenica, di incontri, dibattiti, testimonianze ed esperienze da vivere nel piccolo borgo medievale, nei pressi di Arezzo, sede di Rondine la cittadella della pace, dove rappresentanti delle istituzioni, imprenditori, giornalisti, accademici ed artisti si confronteranno alla pari con giovani di tutto il mondo sui molteplici volti del conflitto: da quello interiore e interpersonale, a quello interculturale e interreligioso, fino a quelli che generano violenze e scontri armati su scala nazionale e internazionale.

Risolvere i conflitti a partire dal proprio vissuto personale

L’associazione Rondine Cittadella della pace è sorta nel ’98, a seguito di un’esperienza già consolidata negli anni ’70 dal suo fondatore e presidente, lo psicologo Franco Vaccari, insieme ad un gruppo di sostenitori impegnati nel campo della risoluzione dei conflitti, a partire dal proprio vissuto personale e sociale.

Formare i giovani dei Paesi in guerra a trasformare dolore e rabbia

Oggi nel complesso medievale di Rondine è ospitato il “World House”, uno Studentato internazionale, che permette ogni anno a 30 giovani di Paesi interessati da conflitti, attuali o recenti, di convivere pacificamente con i propri ‘nemici’, partendo dagli esiti nefasti della guerra e trasformando dolore e rabbia in energie positive da mettere a frutto nei loro territori d’origine. Alla fine del biennio formativo al World House agli stessi giovani è offerto di frequentare la Scuola di Diplomazia popolare e conseguire un  Master in Global governance, Intercultural relations and Peace process management, promosso in collaborazione con l’Università di Siena. Tra molte altre iniziative sorte nel borgo toscano è la Scuola di eccellenza avviata nel 2015 e riservata a 30 studenti italiani del quarto anno delle Superiori. Diversi poi i progetti in cantiere, tra cui anche l’apertura di di una scuola elementare e una scuola media.

Al centro del ‘metodo Rondine’ è la spinta propulsiva dell’utopia, come ci spiega il prof. Franco Vaccari, instancabile animatore di ogni attività della Cittadella della pace

Ascolta l'intervista a Franco Vaccari

R. – Si vuole lavorare sulla parola ‘utopia’, perché, come sappiamo, ha due accezioni molto diverse. Una positiva, come forza attrattiva verso il futuro delle persone, dei popoli e un’altra che è orribile, sinonimo di ‘velleitario’, cioè spesso, nell’uso quotidiano, utopia sta per velleitario. Allora vogliamo lavorare su questo per dire, da Rondine, che l’utopia, intesa come qualcosa di velleitario, noi la possiamo assolutamente aggredire e riportare alla realtà, a ciò che infine si confina come ‘impossibile’. E il cuore di tutto è che i nemici, che da che mondo e mondo, non stanno insieme, fanno lotta, e se possono si eliminano reciprocamente, a Rondine convivono e poi tornano con una mentalità nuova nei loro Paesi.

In questa edizione troviamo alcuni temi forti. Anzitutto si parla di ambiente in conflitto e di sostenibilità come strumento di pace, e poi ancora di trasformazione dei conflitti attraverso l’innovazione sociale.

R. – Sì, tutto parte e riparte incessantemente dalla relazione, perché crediamo che una relazione sana, che toglie l’idea del nemico, direi in maniera forte, possa aprire sviluppo e mettere le persone in condizione di essere protagoniste della loro vicenda personale, sociale, fino a quella politica. Allora da qui nascono imprenditori nel senso più generico della parola ma anche nel senso di imprenditori sociali. Da quest’anno lanceremo un grande progetto di ricaduta sociale in tutti i territori italiani, quello delle ‘rondinelle d’oro’, ovvero i ragazzi che hanno fatto il quarto anno di liceo a Rondine, che ritornano in tutte le regioni italiane, e faranno impatto nei loro territori. Giovanissimi imprenditori che scuoteranno le loro comunità e le porteranno a raccolta per il cambiamento necessario.

Altro aspetto messo a fuoco è il ruolo dei media nel racconto dei conflitti, e spesso messo sotto accusa.

R. – Sì, perché è un circuito malefico, in cui, da una parte, bisogna certamente dare conto anche delle notizie tristi, angoscianti, della guerra e la violenza; ma dall’altra sappiamo che è come se mutasse l’ordine del giorno delle persone, costrette in qualche modo a dare tempo più a ciò che è negativo che a quelli che sono i motivi di speranza. Per ognuno di noi, le ore di lavoro, di vita, tolte quelle del sonno, sono limitate e dobbiamo decidere se dedicare il tempo della nostra vita ad alimentare la nostra disperazione o la nostra speranza. In questo ci sono qua e là tanti segnali positivi ed i media possono dare un enorme contributo ad una cultura della speranza anziché della disperazione.

Nel programma, ricco di tanti altri spunti di discussione, troviamo anche la pausa del silenzio.

R. – Sì, perché non c’è vita umana senza la vita interiore. È un po’ dimenticato questo aspetto, ma la vita interiore è il presupposto, è l’alimento dell’umano. Senza la vita interiore, noi non siamo più umani, ma siamo oggetti di mercato, pronti per essere conquistati dal mercato e diventare solo dei pigri e ottusi consumatori. La dimensione squisitamente personale, l’unicità della nostra persona attinge alla vita interiore. Senza questa non è possibile. Allora il silenzio è lo stimolo che noi diamo a tutti i partecipanti perché non solo nei giorni del Festival di Rondine ma ogni giorno trovino uno spazio per la vita interiore.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

07 giugno 2019, 07:00