Amatrice: tre anni dopo, un segnale di speranza
Roberto Artigiani – Città del Vaticano
“Una scuola è ovviamente un segno di speranza sempre perché dove ci sono bambini c’è comunque una prospettiva futura” inquadra in questo modo la cerimonia avvenuta stamattina don Borrello. “Già di per sé sarebbe un segno importante, ma lo è ancora di più grazie alla presenza del Presidente della Repubblica, perché dimostra l’attenzione a queste zone che dopo tre anni rischiano di passare nel dimenticatoio”.
Tra speranza e realtà
Ormai infatti sono passati quasi tre anni da quella notte in cui la terra tremò devastando diversi paesi dell’Italia centrale, tra cui Amatrice è stata uno di quelli che ha subito i maggiori danni. Don Borrello ci tiene a riportare le parole di Silvia, una studentessa intervenuta durante l’inaugurazione: “è bello essere in una scuola solida, definitiva, sicura e funzionale non come una scuola d’emergenza, però il sogno finisce qui perché viviamo ancora nelle Soluzioni Abitative d’Emergenza e della ricostruzione non si vede molto ancora – poi don Borrello prosegue in prima persona – La scuola è un buon segno però a noi manca una casa, un’ambiente dove vivere, un luogo dove ritrovarci. Amatrice è ancora al palo da questo punto di vista anche se il presidente della regione Lazio ci ha rassicurato dicendo che sono stati sbloccati più di 200 progetti pubblici. Questo significherebbe che si sta cominciando a lavorare alla ricostruzione, però ad oggi siamo ancora fermi lì”.
Valorizzare le fonti di attrazione
Per ridare vita a queste zone infatti è necessario non solo ricostruire, ma anche valorizzare quelle che sono le sue caratteristiche peculiari, da questo punto di vista don Borrello parla chiaro: “Questa terra ha delle risorse che se messe nel giusto modo possono diventare fonte di attrazione anche per chi vuole tornare e rimanere. Certo la prospettiva non è dall’oggi al domani. Noi speriamo che non diventi una nuova Irpinia e i presupposti sono buoni: ci sono nell’aria dei progetti per valorizzare ulteriormente questa terra e fare in modo che possa ripartire col piede giusto nelle realtà che le sono proprie e che possono rappresentare il suo futuro come il turismo, gli allevamenti e l’agroalimentare”.
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