Anniversario d’indipendenza nel segno di una Nuova Algeria
Roberto Artigiani – Città del Vaticano
L’Algeria rimane in attesa di definire il proprio futuro, proprio per questo l’attuale Presidente ad interim Bensalah ha indetto una “Conferenza Nazionale per il dialogo” senza la presenza di membri dello Stato o dell’esercito. “In Algeria dalla metà di febbraio c’è una mobilitazione popolare ininterrotta che continua ancora oggi e che chiede l’azzeramento di tutto l’apparato statale dopo aver ottenuto le dimissioni del Presidente Bouteflika all’inizio di aprile – spiega Ardesi – La situazione è del tutto eccezionale ma tutto continua normalmente malgrado questo stato di agitazione. Il problema è disegnare un possibile futuro in cui ci sia un completo rinnovamento della classe politica e anche del sistema del potere. Questo è la vera sfida dei prossimi mesi in questo paese”.
Poteri formali e potere reale
È uno scenario inquieto, in cui è impossibile non registrare uno scollamento tra i poteri dello Stato. “Formalmente in questo momento in Algeria il potere è ancora detenuto dalle istituzioni: c’è ancora un Presidente della Repubblica, un Parlamento composto da due Camere, però in questo momento chi tiene la barra è il Capo dell’esercito, il generale Gaid Salah, che alterna aperture verso i manifestanti a delimitazioni gli spazi entro cui la protesta può avvenire”.
Le 3 “B”
Abdelkader Bensalah, Presidente ad interim, il Premier Noureddine Bedoui e Mouad Bouchareb, ex-leader del Fronte di Liberazione Nazionale e Presidente della Camera (fino allo scorso 2 luglio, ndr) sono state fino a poco fa le 3 B a capo dell’Algeria. Dopo le dimissioni di Bouchareb, sono attese anche quelle di Bedoui e forse più in là anche di Bensalah. Su di loro Ardesi dice: “L’obiettivo delle proteste sono le loro dimissioni, ma soprattutto il cambiamento del sistema di potere del Paese che vede un intreccio tra interessi economici, politici e corruttivi. Il vero ago della bilancia, sin dall’indipendenza nel 1962, rimane l’esercito. Negli ultimi mesi i manifestanti hanno più volte attaccato il generale delle Forze Armate, allo stesso tempo però considerano l’esercito come un elemento di stabilità, un garante contro una possibile deriva da parte di forze politiche o economiche. L’esercito svolge in questo momento un ruolo molto delicato e rischia di essere il principale obiettivo del movimento di protesta”.
Anniversario di protesta
Il prossimo 5 luglio si festeggia l’indipendenza dalla Francia e “l’occasione dell’anniversario dell’indipendenza sarà sicuramente sfruttata per una nuova manifestazione – afferma Ardesi – ma la cosa straordinaria è che queste manifestazioni vanno avanti ininterrottamente dalla metà di febbraio e coinvolgono tutte le regioni del Paese. Una protesta assolutamente pacifica, fatto non scontato in un Paese che ha subito violenze e traumi, anche recentemente quando negli anni ’90 il terrorismo islamico attraversò tutto il paese e tutti gli strati sociali.”
Nonostante tutto una società civile unita
“Il prossimo 5 luglio non sarà probabilmente l’inizio della Seconda Repubblica. La società civile si è riunita a giugno per tracciare alcune linee di una transizione che porti al rinnovamento di tutti i vertici dello Stato a cominciare dalla presidenza della Repubblica. Pretende che non succeda come in Tunisia o in Egitto, Paesi dove la rivolta del 2011 si è risolta nella riproposizione di vecchie classi politiche o addirittura nel ristabilimento di una dittatura anche se sotto altre forme. Questa è la vera sfida della società civile che fino adesso ha saputo mantenersi unita.” Ardesi poi chiosa: “Penso che vedremo l’inizio di una transizione vera e proprio solo quando i vertici dello Stato si decideranno a dimettersi”.
L’iniziativa non deve essere presa dallo Stato
L’attuale Presidente ad interim Bensalah ha indetto per sabato 6 luglio una “Conferenza Nazionale per il dialogo” a cui non sono stati invitati membri dello Stato né dell’esercito, bisogna però vedere “se la conferenza sarà partecipata, perché la società civile contesta che l’iniziativa di disegnare una transizione debba essere presa dagli attuali vertici dello Stato. Già a giugno un’altra iniziativa simile venne disertata, per cui è probabile che anche questa volta non ci sia la partecipazione di tutte le componenti della società civile”. Tutto ciò contribuisce a rendere “particolarmente complicato prevedere tutti gli sviluppi della situazione nel prossimo futuro, però va sottolineato che è in corso una protesta che vuole disegnare un nuovo tipo di nazione”, conclude Ardesi “è una sfida immensa se pensiamo a tentativi svolti finora in Nord-Africa e in Africa in generale”.
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